7 sono le richieste del Padre Nostro (Nel libro della Bibbia appare ben 424 volte)

7 le vertebre cervicali (scala formata da 7 gradini che portano dal corpo alla mente, dal fisico alla spiritualità)

7 le note e le chiavi musicali (do, re, mi, fa, sol, la, si; violino, basso, contralto, soprano, mezzo- soprano, tenore, baritono)

7 i colori delle cinture nelle arti marziali (bianca, gialla, arancione, verde, blu, marrone, nera)

7 sono i mesi di 31 giorni (gennaio, marzo, maggio, luglio, agosto, ottobre, dicembre)

7 le pronunce delle vocali nella lingua italiana (a-è-é-i-ò-o-u)

7 ossa del tarso: calcagno, astragalo, scafoide, cuboide, 3 cuneiformi

…allora Pietro si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare mio fratello se pecca contro di me? Fino a 7 volte?”. E Gesù rispose: “Non ti dico fino a 7, ma fino a 70 volte 7”.

Pietro sotto l’influenza delle predicazioni di Gesù aveva pensato che perdonando fino a 7 volte avrebbe fatto qualcosa di eccezionale. A quei tempi infatti si ammetteva un perdono di 2, 3 volte, al massimo 4. Ma Gesù rispondendo “Fino a 70 volte 7” ha sottolineato che bisogna perdonare sempre.

Per-donare significa offrire il dono della rinuncia alla rivendicazione del torto subìto. È dunque una concessione che si dà a chi ha commesso ciò che non avrebbe dovuto fare.

Si prova dolore e si è feriti solo se ci sono di mezzo i sentimenti, altrimenti si proverebbe rabbia per lo schiaffo all’autostima e prima o poi la rabbia svanirebbe o si trasformerebbe in astio. Il dolore invece no, la sofferenza della ferita affettiva non passa finché non ci sarà una risoluzione, risoluzione che in parte è aiutata dal trascorrere del tempo che mitiga il ricordo e allevia il dolore ma non toglie la causa. Certo, ci si può mettere di impegno e non pensarci più, ma come per tutto ciò che si è messo da parte, prima o poi salta fuori, magari all’improvviso. Mettere da parte è sempre un atto consolatorio non risolutivo e poco coraggioso, anche se a volte è utile soprattutto in quei casi in cui non ci sono possibilità per affrontare il dolore. Occorre sapere però che esso non è eliminato, ma conservato in qualche angolo della mente.

La risoluzione per guarire dal profondo dolore delle ferite nell’anima, nell’orgoglio, nell’amore e negli ideali più profondi è una, ma con due risvolti: agire o decidendo di farsi giustizia in qualunque modo oppure perdonare.

L’azione rivendicativa della vendetta è come ricorrere ad un intervento chirurgico per “amputare” la parte che sente il dolore ormai insopportabile. Ma anche questo “intervento” non è mai risolutivo perché resta la menomazione dell’”amputazione” come segno del ricordo doloroso. Si passa da un dolore insostenibile ad una esibizione – a volte narcisistica – del senso di giustizia.

A volte funziona, altre volte no perché chi si vendica avrà chiuso la via della riconciliazione, la via del perdono per sempre, ma non all’altro bensì a se stesso: chi si vendica non concede cioè a se stesso il dono della remissione del dolore e della sua causa.

L’altro risvolto della chiusura del dolore è, appunto, il perdono. Nessuna operazione chirurgica, nessun taglio, solamente una profonda comprensione delle “faccende” umane. Come l’alchimia prevede la trasformazione dei metalli vili in oro, anche in questo caso è fondamentale la trasmutazione del dolore in calore.

… è scientificamente provato che molte malattie che si manifestano nel nostro corpo e nella nostra anima sono collegate alla mancanza di perdono.

Il perdono è terapeutico per se stessi prima ancora che per l’altro, è una fonte di guarigione per il fatto che rende liberi sempre: perdonando non si concede all’altro la facoltà (potere) di essere ancora colui che fa soffrire. E poi vale proprio la pena perdonare perché è scientificamente provato che molte malattie che si manifestano nel nostro corpo e nella nostra anima sono collegate alla mancanza di perdono.

L’alchimia rappresenta l’evoluzione umana da uno stato dove predomina la materia ad uno spirituale. In questo caso trasformare in oro i metalli equivale a trasformare l’uomo in puro spirito. L’arte alchemica viene spesso utilizzata per comprendere il senso nascosto delle fiabe, delle leggende e dei miti nei quali individua il dramma delle incessanti trasformazioni dell’anima e il destino della creazione.

Fin dai tempi della preistoria gli esseri umani si sono ispirati ai miti, alle leggende, alle fiabe, per trovare delle spiegazioni riguardanti la natura umana e i misteri dell’esistenza. In ogni racconto fiabesco il motivo costante è la lotta interna dell’essere umano per trovare il suo vero mondo, il suo IO più intimo.

Gli psicologi del profondo (Freud, Jung, Steiner e tanti altri), attraverso studi compiuti sulla mitologia, sulle religioni, sul folclore, hanno riscontrato come le fiabe ci parlino della trasformazione della personalità, dell’ampliamento della coscienza, attraverso un linguaggio ricco di simboli, metafore, parabole. Steiner, in merito a questi racconti, evidenzia che essi favoriscono l’immaginazione, offrono all’individuo l’opportunità di affrontare la sua realtà interiore e sviluppano progressivamente la sua personalità.

Proprio perché lavorano sulla parte inconscia dell’uomo, il potere ne ha fatto un esteso utilizzo negativo, per omologare e massificare.

Gli psicologi del profondo (Freud, Jung, Steiner e tanti altri), attraverso studi compiuti sulla mitologia, sulle religioni, sul folclore, hanno riscontrato come le fiabe ci parlino della trasformazione della personalità, dell’ampliamento della coscienza, attraverso un linguaggio ricco di simboli, metafore, parabole.

Ritroviamo un esempio di interpretazione alchemica nella favola di “Biancaneve e i 7 nani”. Biancaneve è la giovane Vergine, la miniera d’oro[1]. I 7 nani o gnomi (dal greco gnosis=conoscenza) rappresentano la materia minerale. Ogni nano ha infatti l’aspetto e il carattere del pianeta che lo domina: Saturno, Venere, ecc.… Biancaneve è consegnata dalla malvagia Regina al cacciatore perché la faccia morire, ma si tratta di una morte apparente causata dall’ingestione di una mela avvelenata (la mela, il frutto mangiato da Adamo ed Eva, rappresenta l’avvertimento attraverso cui Dio fa conoscere le due direzioni e invita l’uomo a scegliere fra la via dei desideri terreni e quelli della spiritualità.  La mela è il simbolo di questa conoscenza che conduce alla necessità di una scelta). In seguito la giovane Vergine sposerà il Principe dei suoi sogni che è giovane e bello. Questo Principe è il nostro Mercurio, il puer, l’immagine dell’eterna giovinezza nel volto e nel corpo. Dall’unione di Mercurio con la Vergine (il Principe e Biancaneve) nasce la conclusione di tutte le fiabe “… e vissero felici e contenti ed ebbero molti bambini”. Questa ultima frase risponde all’insegnamento contenuto nella Genesi “Crescete e moltiplicatevi”.

La fiaba è un mezzo che suggerisce come sia possibile affacciarsi al mondo senza sperimentare la paura di perdersi, come affrontare la realtà di ogni giorno contando sulle proprie forze, per cavarsela nel migliore dei modi dando prova di coraggio e di iniziativa come il protagonista di ogni fiaba che alla fine trionfa. Attraverso lo svolgersi lento della trama le fiabe con le loro immagini cariche di elementi emotivi spingono l’uomo verso l’evoluzione.

Steiner sottolinea che la fiaba, come metafora della vita, è uno strumento che spinge le persone al superamento del proprio disagio personale e sociale. Ed è ancora questo filosofo austriaco, creatore dell’agricoltura biologico-dinamica, che considera la materia animata portatrice di poteri terreni e cosmici. Tenendo conto delle costellazioni astrologiche e dei processi alchemici, il terreno racchiude le leggi e le energie cosmiche. Nella visione “biodinamica” col cibo l’uomo nutre oltre al proprio corpo anche la propria anima.

Egli evidenzia che il 7 rappresenta il percorso di consapevolezza che permette l’evoluzione, il salto di coscienza. È la chiusura di un ciclo di trasformazione e l’inizio di un altro. Steiner ha colto il significato di questo numero che ritorna nella sua pedagogia: l’insegnamento scolastico viene suddiviso in ritmi settennali in quanto, secondo la sua visione, l’anima dell’uomo si evolve secondo cicli di 7. Egli individua principalmente tre fasi corrispondenti ai primi tre settenni (0/7 – 7/14 – 14/21…) in cui di vitale importanza è l’azione educativa della famiglia e della scuola.

Nel primo settennio il bambino conquista tre principali facoltà: la posizione eretta e la capacità di camminare, l’uso della parola e la possibilità di dire “io” a se stesso: si impadronisce delle sue capacità ed esprime al massimo le sue facoltà di movimento.

Nel secondo settennio sviluppa soprattutto la dimensione emotiva, la vita di sentimento (ecco perché grande importanza è data all’arte e tutto l’insegnamento assume una veste artistica), mentre nel terzo settennio si assiste allo sviluppo di un pensiero sempre più astratto e alla maturazione di una capacità di giudizio autonoma.

Nel percorso pedagogico della scuola Steineriana è riservata grande attenzione al rispetto delle fasi evolutive del bambino: precocizzare spesso vuol dire indebolire le capacità, non guadagnare tempo! Il numero 7 indica il cambiamento dopo un ciclo concluso.

Nel percorso pedagogico della scuola Steineriana è riservata grande attenzione al rispetto delle fasi evolutive del bambino: precocizzare spesso vuol dire indebolire le capacità, non guadagnare tempo! Il numero 7 indica il cambiamento dopo un ciclo concluso. Dopo aver creato il mondo in sei giorni il settimo Dio non lavorò e ne fece un giorno sacro: il sabato non è dunque un riposo esterno alla Creazione, ma il suo coronamento, il concepimento della perfezione. Verosimilmente l’arcobaleno non ha 7 colori, ma sei, il settimo è il bianco, sintesi degli altri sei. Una tradizione Indù attribuisce al Sole 7 raggi: sei corrispondono alle direzioni nello spazio, il settimo corrisponde al centro.

I bastoncini di Achillea utilizzati per la divinazione, sono 49 (7 x 7). 49 è anche il numero del Bardo lo stato intermedio successivo alla morte secondo i Tibetani. Tale stato dura 49 giorni suddivisi in periodi di 7 giorni. In astronomia risulta che la Luna è 49 (7×7) volte più piccola della Terra e compie i suoi cicli in un periodo di 28 (7×4) giorni.

7 sono gli angeli presenti ne “Il Vangelo Esseno della Pace”: L’Angelo della luce del Sole, L’Angelo dell’Aria, dell’Acqua, del Sonno, del Lavoro, dell’Amore e della Terra.

Questo testo, definito apocrifo dalla Chiesa cattolica, è stato tradotto da Edmond Bordeaux Szekely da antichi manoscritti intitolati “Rotoli del Mar Morto” ritrovati nel 1947 in una grotta del Qumran. Il Vangelo Esseno della Pace contiene gli insegnamenti che Gesù impartiva riguardo all’alimentazione e ad altre regole di vita.

Gli Esseni erano una tribù israelita che praticava la ricerca interiore attraverso un contatto diretto con la natura e con ogni sua manifestazione. Questa conoscenza pur essendo inquadrabile in una prospettiva religiosa non ha niente a che vedere con la religione intesa come sistema di potere, ma con una conoscenza basata sui metodi naturali usati al fine di ottenere un’elevazione dello stato di coscienza.

In questo testo gli uomini chiedono a Gesù come superare problemi sia di salute che interiori e spirituali.

Le risposte vertono su una purificazione profonda dell’Essere, realizzata attraverso 7 pratiche naturali:

  1. Enteroclismi, realizzati attraverso l’Angelo dell’Acqua e ripetuti fino a che l’acqua fuoriesca dall’organismo pura così come è stata immessa.
  2. Bagni di luce, realizzati attraverso l’esposizione del corpo nudo all’ Angelo del Sole.
  3. Fanghi curativi, simboleggiati e protetti dall’Angelo della Terra.
  4. Abluzioni costanti del corpo sempre attraverso l’Angelo dell’Acqua, realizzate attraverso l’esposizione del corpo all’Angelo della Terra, del Sole e dell’Aria.
  5. Inspirazione profonda dell’Angelo dell’Aria.
  6. Controllo della sessualità attraverso l’astinenza.
  7. Digiuni costanti realizzati per periodi prolungati (il digiuno è consigliato per almeno un giorno alla settimana e ripetuto in quello stesso giorno nel tempo).

Questo testo consiglia inoltre di nutrirsi di frutta, cereali e ortaggi crudi, alimenti definiti “di luce” perché crescono attraverso l’azione degli Angeli dei quattro elementi. Gesù qui dice (citazioni varie): “Ecco, io Vi do’ ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la Terra ed ogni albero fruttifero che produce seme; questo Vi servirà da nutrimento… Non uccidete né uomini, né animali e neanche il cibo che entra nella vostra bocca perché se mangiate cibo vivente quello stesso cibo vivificherà anche Voi, ma se uccidete il Vostro cibo, quello stesso cibo Vi ucciderà…Non nutritevi quando il Vostro spirito è irritato o triste o in assenza di appetito perché sennò quel cibo diventerà veleno… Mangiate come se fosse una preghiera rivolta al Vostro Signore perché se Voi mangerete in questo modo il potere di Dio (l’Amore), entrerà in Voi”.

Il 7 è il numero della trasformazione che si acquisisce attraverso un percorso di consapevolezza.

A proposito di ciò Steiner sottolinea che “L’uomo rimane nel suo stato incompiuto se non afferra in se stesso la materia della trasformazione e non si trasforma per forza propria. La natura fa dell’uomo semplicemente un essere di natura; la società ne fa un essere che agisce secondo date leggi; egli può diventare un essere libero solo per forza propria”.

Questa trasformazione, trasmutazione alchemica che trasforma il piombo in oro, io l’ho concretizzata all’interno di questa Scuola nel Laboratorio di Ricerca Interiore che è un percorso di consapevolezza che permette il cambiamento. Analogamente all’arte alchemica anche in questo caso per attuare il cambiamento è necessario il fuoco che qui viene inteso come la voglia e la passione di mettersi realmente in cammino: il fuoco si può accendere solo se si vuole.

Il primo passo per fare questa trasformazione e attuare la rinascita è il perdono.

Chi perdonare?

Sicuramente se stessi. Molti non riescono a perdonarsi per il male che si sono causati o per le ferite che hanno inflitto agli altri. E poi occorre perdonare anche tutti coloro che attraverso insulti, rifiuti, abbandoni, hanno lasciato amarezza dentro di noi al punto da soffocarci e indurirci.

Ma cosa è il perdono?

Il perdono più che un sentimento è una scelta. “Decido di perdonare perché ciò porterà beneficio a tutto il mio essere”. Perdonare non è dare un’alternativa, una giustificazione, né dimenticare il comportamento dell’altro, ma si fa per mettere ordine, fare pace non tanto con gli altri ma con se stessi.

L’Anima Svelata favorisce e addirittura spinge verso tale consapevolezza che è comunque un percorso, un processo che ha bisogno di tempo. Non ci si sveglia un giorno e si dice: “Basta, da oggi perdono!”. La ricostruzione è lenta e solo raramente può essere programmata. Serve tempo, ed ognuno deve prendersi il proprio tempo, tutto quello che gli serve per piangere, per rotolarsi nella disperazione, per riflettere sulle responsabilità, per chiedere aiuto e conforto, per darne un senso, per spezzettarsi in mille pezzi… finché pian piano la figura che siamo ricomincia a diventare intera senza nessun ospite a farci male.

Attraverso il Laboratorio di Ricerca Interiore si arriva gradualmente a capire che la violenza, quella gratuita e immotivata per di più, è sempre frutto di immaturità psicoaffettiva per la quale o si ama o si odia. Attraverso la manifestazione dei propri sentimenti si ha l’opportunità di affrontare e liberarsi del vissuto doloroso. Sembrerà assurdo ma si comprende a poco a poco come il male ricevuto aiuti a crescere, a sentire la sofferenza (anche se ovviamente se ne farebbe volentieri a meno!)

Appare incredibile come il 7 rivesta una particolare importanza anche all’interno dell’Anima Svelata: prima di iniziare la serata, durante il radicamento, facciamo 7 volte la respirazione per attingere l’energia dalla Terra e dal Cielo. Sarà un caso?…

E dunque, quante volte dobbiamo perdonare?

70 volte 7!” perché come disse Gesù in difesa di una donna adultera che rischiava la lapidazione “Chi è senza peccato scagli per primo la pietra!”.

La settima e la diciassettesima carta dei Tarocchi

Il 7 è il numero dispari più attivo, il numero primo più potente della serie da 1 a 10. Il modo migliore per definirlo è mediante l’idea di azione nel mondo che nei Tarocchi si manifesta in modo visibilissimo nell’Arcano VII, Il Carro, e nell’Arcano XVII, La Stella.

Il Carro rappresenta l’azione per eccellenza a tutti i livelli, su se stessi e sul mondo. Il Carro sa perfettamente dove va. Nella carta sono riconoscibili tre livelli principali: due cavalli, un veicolo e il suo conducente. Il veicolo, un quadrato di colore rosa carne, affonda nella terra e sembra quasi che non vada avanti. In realtà si muove con il movimento del pianeta, il movimento per eccellenza. Trovandosi unito alla Terra, il Carro non ha bisogno di andare avanti: è uno specchio della rotazione planetaria. I cavalli col pelo Azzurro, vengono spiritualizzati: il cavallo a destra, con le lunghe ciglia e l’occhio chiuso, come elemento femminile, e l’altro cavallo come elemento maschile. Le due energie complementari, maschio e femmina realizzano qui l’unità. Anche se apparentemente le zampe vanno in direzioni opposte, il movimento della testa e dello sguardo è comune: l’unione dei contrari si verifica a livello energetico.

Osservando la posizione del personaggio scopriamo che il suo corpo, la testa e le braccia compongono una figura triangolare all’interno del quadrato del veicolo. Un triangolo nel quadrato: lo spirito nella materia. Sotto questa ottica si potrebbe dire che il veicolo rappresenti il corpo, i cavalli l’energia, e il personaggio lo spirito. Il conducente agisce senza fare sforzi, inoltre non ha bisogno di redini per governare i cavalli. Sopra le due spalle, le maschere potrebbero rappresentare il passato e il futuro, il positivo e il negativo dei quali egli è il punto d’incontro, di unità. Agendo nel pieno del presente, è aperto al passato e al futuro, all’allegria e alla tristezza, alla luce e all’ombra.

La carta VII degli Arcani Maggiori si completa con la XVII, La Stella.

Vi sono molti punti in comune tra la Stella e il Carro: entrambi affondano le radici nella Terra (veicolo-ginocchio) e in ambedue sono presenti le stelle che indicano il loro legame con l’Universo. Ma se il Carro penetra nel mondo come un conquistatore, un viaggiatore, la Stella agisce sul mondo irrigandolo, nutrendolo. I seni nudi rimandano all’allattamento, e si potrebbe vedere nelle stelle un’allusione alla Via Lattea.

La Menorah”, il candelabro ebraico a 7 bracci

Il candelabro ebraico o “Menorah” è, invece, la stilizzazione di un albero e costituisce la rappresentazione simbolica della creazione dell’Universo in 7 giorni.

Gli alberi con le loro radici ancorate alla Terra, i rami che toccano il Cielo e con i frutti che danno la vita, avevano, sin dai tempi più remoti un profondo significato religioso: incarnavano la divinità. La Menorah è l’albero che conduce gli uomini verso la luce e la luce verso gli uomini.

Questo candelabro è costituito da 7 bracci e 7 candele (il 7 ricorre spesso nei Vangeli perché è il numero dello Spirito Santo).

L’ordine di associazione che più comunemente si adotta è il seguente:

  • la 1a candela è associata a Venere, al rame, e alla nota musicale Fa;
  • la 2a candela è associata a Mercurio pianeta, al mercurio elemento chimico, e alla nota sol;
  • la 3a candela è associata alla Luna, all’argento e alla nota musicale La;
  • la 4a candela (quella centrale) è associata a Saturno, al piombo e alla nota Si;
  • la 5a candela è associata a Giove, allo stagno e alla nota Do;
  • la 6a candela è associata a Marte, al ferro e alla nota Re;
  • la 7a candela è associata al Sole, all’oro e alla nota Mi.

Nella tradizione religiosa l’accensione e lo spegnimento della Menorah avevano, e hanno ancora oggi, il valore di una preghiera. La modalità di accensione comporta spiegazioni e analogie diverse. Tra le principali procedure ne elenco tre.

  • Si parte dalla terza candela, poi la seconda, poi la prima, quindi la settima, la sesta, la quinta ed infine la quarta, quella centrale (quindi, se ci riferissimo alle note musicali, avremmo la sequenza discendente: La, Sol, Fa, Mi, Re, Do, Si);
  • La seconda modalità è quella “alternata”, si accende la prima, poi l’ultima (che è la settima), quindi la seconda poi la sesta e così via per arrivare infine a quella centrale.
  • L’altra modalità ha il seguente ordine di accensione: la settima poi la terza, la sesta poi la seconda, la quinta poi la prima ed infine la quarta, quella centrale. Secondo quest’ultima modalità si avrebbe pertanto, nell’ordine, la seguente associazione simbolica:
    • 7a candela, corrisponde al primo giorno della creazione, quello della luce, e al chakra della vista (posto sulla fronte tra i due occhi);
    • 3a candela, corrisponde alla Luna, al secondo giorno della creazione, quello della separazione delle acque, ed al chakra della sessualità (collocato nei genitali). La Luna è infatti associata alle maree ed al ciclo femminile;
    • 6a candela, corrisponde al terzo giorno della creazione della vita vegetale sulla Terra, e al chakra della volontà;
    • 2a candela, corrisponde a Mercurio, al quarto giorno della creazione, quello degli astri del cielo, e al chakra della comunicazione posto sulla gola;
    • 5a candela, corrisponde a Giove, al quinto giorno della creazione, quello della vita nel mare: i pesci, e nel cielo: gli uccelli, e al chakra collegato all’energia vitale, posto alla base della spina dorsale;
    • 1a candela, corrisponde a Venere, al sesto giorno della creazione, quello degli animali e dell’uomo, e al chakra del cuore;
    • 4a candela, quella centrale, corrisponde a Saturno, al settimo giorno della creazione, quello del riposo e della contemplazione, e al chakra dell’illuminazione posto sulla sommità della testa.

Attraverso la disposizione dei candelabri e della Croce, anche oggi, sull’altare della Chiesa cattolica, viene richiamata la Menorah ebraica. L’altare diviene quindi una sorta di Menorah gigante in cui la luce centrale equivale alla Croce e rappresenta la centralità di Cristo.

Chiavi dell’esoterismo

L’esoterismo non è una professione di fede, né una filosofia ma un metodo di indagine. Così come il microscopio è lo strumento dello scienziato, così l’esoterismo è lo strumento di colui che studia e indaga con intelligenza (da intelligere che significa guardare dentro) concetti di carattere metafisico. Dunque la ricerca esoterica non è paragonabile al nozionismo e nemmeno ad una forma di cultura enciclopedica, ma è qualcosa che si accompagna all’intuito. L’intuito è una piccola illuminazione, l’eureka che fa dire “ho capito!”, pur non avendo ancora capito di cosa si tratti esattamente.

Intelligenza e intuito sono una combinazione fondamentale per un ricercatore.

L’esoterismo non si fa, ma si usa per andare alla ricerca di ciò che non si conosce…; è antico come l’uomo – afferma Dethlefsen – c’è sempre stato e ci sarà sempre, le sue dottrine non sono mai state corrette, mai modernizzate, non invecchiano mai”.

A differenza della scienza che crede che l’arrivo a tutto il sapere sia solo una questione di tempo, l’esoterismo considera il sapere sempre presente, è la persona che deve evolversi fino a prenderne coscienza. Le dottrine esoteriche sono accessibili a tutti ma sono in forma cifrata, perciò chi non è preparato non può individuarle: “Per poter vedere bisogna prima imparare a vedere”. Dethlefsen cita a tal proposito l’esempio della musica: chi non sa leggere le note o le studia o rinuncia a tale conoscenza.

Per raggiungere la mèta che consiste nell’evoluzione dell’uomo, nel suo divenire sempre più consapevole e nel superamento della dualità, ci vengono in aiuto le discipline esoteriche (tarocchi, yoga, astrologia…). Per “raggiungere la mèta”, però, i problemi non mancano!

I problemi hanno il compito di provocare l’uomo a risolvere la situazione facendo un passo avanti nella sua personale via di apprendimento. Solo attraverso la loro soluzione è possibile l’evoluzione. Tuttavia, dato che la soluzione dei problemi è sempre legata a sforzi e fatiche, gli uomini non cercano affatto i problemi per iniziativa propria anzi ognuno, a modo proprio, pensa di poter ingannare il destino.

I problemi hanno il compito di provocare l’uomo a risolvere la situazione facendo un passo avanti nella sua personale via di apprendimento. Solo attraverso la loro soluzione è possibile l’evoluzione.

Le pratiche esoteriche ci illustrano che il programma di vita è determinato con certezza e deve essere portato a termine. In base alla legge di polarità l’uomo può scegliere come portare avanti questo programma di vita: attraverso l’apprendimento consapevole, in cui è l’uomo a risolvere volontariamente e attivamente il problema, oppure attraverso l’apprendimento inconsapevole che avviene automaticamente ogni volta che la persona evita di risolvere consapevolmente un problema. Questo apprendimento è però legato al dolore (colpi del destino, malattie…). Ogni volta che l’uomo cerca di evitare un problema il destino lo conduce forzatamente verso tale processo. Al destino interessa unicamente il risultato finale che è l’apprendimento, non quante pene l’uomo procuri a se stesso con il suo costante rifiuto ad imparare.

L’uomo non s’incarna in questo mondo per godersi pigramente il calore del sole, ma per evolversi e servire secondo le proprie capacità”. Chi fa questo consapevolmente, troverà la felicità, non intesa come il raggiungimento di un benessere materiale ma come una condizione dell’anima. La felicità è indipendente dal mondo esterno. “La felicità nasce là dove l’uomo riesce ad essere in armonia col mondo. La felicità nasce quando l’uomo diventa consapevole dei suoi compiti e capisce quale grazia sia poter servire”. A proposito di ciò, cito una frase del film “La vita è bella“ di Benigni: “Servire è l’arte suprema. Dio è il primo servitore; Lui serve gli uomini, ma non è servo degli uomini”.

Allo stesso modo della stella, l’uomo non deve abbandonare la propria orbita che deve conoscere e seguire attivamente. “Questa attività deriva dalla fiducia, non dal predominio dell’ego, non dal concetto: “Io lo voglio, quindi lo faccio”. L’uomo raggiunge la sua massima libertà quando può pronunciare le parole: “Signore, avvenga la Tua volontà, non la mia”.

Per conoscere il compito della propria vita, stabilito sin dalla nascita, è fondamentale lo studio dei pianeti, l’astrologia, che non si deve ritenere un codice magico che conferisce poteri o vantaggi: esso rappresenta un sistema di autoconoscenza che se effettuata con saggezza può aiutarci a riconoscere e sviluppare le nostre potenzialità, comprendere ed apprezzare i doni e i talenti che il buon Dio ci ha dato e riuscire ad accettare la realtà. Tali conoscenze possono poi essere finalizzate alla comprensione degli altri e solo allora sarà possibile comprendere e rispettare i “nostri compagni di viaggio” su questa Terra.

Se i terapeuti si dedicassero allo studio dei pianeti dell’Astrologia Medica potrebbero stabilire in modo più rapido e sicuro la diagnosi delle malattie che non facendo ricorso ai mezzi comuni. Alcuni esperti che hanno studiato questo ramo dell’astrologia, ed hanno fatto le dovute sperimentazioni, hanno potuto constatare come i corpi celesti abbiano una indubbia influenza su quelli umani.

 

Tu devi capire,
da uno fai dieci
il due lascialo andare
il tre prendilo subito,
così sei ricco.
Il quattro lascialo perdere
e poi il cinque e il sei,
così dice la strega,
fai sette e otto, così è perfetto.
Il nove è uno,
il dieci è niente,
e questa è la filastrocca delle streghe.

“La filastrocca delle streghe di Goethe non significa più niente per l’uomo di oggi. In genere si pensa che non sia altro che un gioco di parole senza molto significato, cosa che – trattandosi di Goethe – sarebbe alquanto strana… Oggi noi consideriamo unicamente l’aspetto quantitativo del tempo, anche dei numeri non conosciamo altro che la quantità. I numeri però possiedono anche un aspetto completamente diverso. Se si impara a capire la qualità dei numeri, essi si rivelano per quello che realmente sono: i modelli e i simboli della creazione”.

LA MAGIA DEI NUMERI

L’antico sapere ebbe inizio quando l’uomo primitivo sentì la necessità di contare le notti, i giorni, le cose che aveva imparato a conoscere. Cominciò così a formarsi una sorta di calendario costruito sull’intuizione vaga di numeri. Più tardi i grandi Saggi occulti che osservavano l’umanità nella sua evoluzione, capirono che i numeri racchiudevano il codice segreto per comprendere l’ordine delle cose e le leggi del cosmo. I numeri si dividono in pari e dispari. Quelli pari hanno una polarità femminile, quindi sono passivi e rappresentano degli stati dell’essere, mentre i numeri dispari, con polarità maschile, sono attivi e rappresentano degli avvenimenti.

Da un punto di vista spirituale, l’uno rappresenta l’unico, cioè l’unicità divina. Il due non proviene dal raddoppiamento dell’uno, ma dalla sua divisione. Il due divide e rompe l’armonia dell’uno e rappresenta la dualità di tutte le cose della Terra: maschio-femmina, luce-ombra, giorno-notte, bene-male, cielo-terra, vita-morte. Da questo ambiguo antagonismo si formò la fusione delle cifre 1 e 2, nacque il tre, il prosecutore, che completò il concetto di continuazione della specie. Si formò allora il senso della Triade: Padre-Madre-Figlio, si tornò col tre, attraverso il percorso inverso, all’unità. Fatto che spiega come il tre, il triangolo, la Triade, siano espressioni dell’unità. Poi l’uomo scoprì anche i quattro elementi: la Terra che lo nutriva lo portò al concetto di Madre, l’Acqua che lo dissetava lo condusse al concetto di liquido purificante, il Fuoco che lo riscaldava lo condusse al concetto di Luce, l’Aria che gli dava il respiro lo portò al concetto di movimento. Dall’unione di questi quattro elementi con le cifre precedenti, nacque il 7, il più sacro dei numeri antichi.

Il Sette è il numero che esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. È considerato, fin dall’antichità, un simbolo magico e religioso della perfezione perché era legato al compiersi del ciclo lunare (7×4). Presso i Babilonesi erano ritenuti festivi, e consacrati al culto, i giorni di ogni mese multipli di Sette. I Greci lo chiamarono venerabile, Platone anima mundi. Presso gli Egizi simboleggiava la vita.

Il numero sette rappresenta il perfezionamento della natura umana nel momento in cui essa congiunge in sé il ternario divino con il quaternario terrestre. Essendo formato dall’unione della triade con la tetrade, il numero sette indica la pienezza di quanto è perfetto, partecipando alla duplice natura fisica e spirituale, umana e divina. Il Sette è il numero della piramide in quanto formata dal triangolo (3) su quadrato (4). Quindi il Sette è l’espressione privilegiata della mediazione tra umano e divino.

Il numero sette rappresenta il perfezionamento della natura umana nel momento in cui essa congiunge in sé il ternario divino con il quaternario terrestre. Essendo formato dall’unione della triade con la tetrade, il numero sette indica la pienezza di quanto è perfetto, partecipando alla duplice natura fisica e spirituale, umana e divina.

Pitagora, nel 570 a.C. fu il principale promulgatore della numerologia. Egli sosteneva che il numero è l’ordine nel Cosmo (che infatti significa ordine) e grazie ad esso si sottrae al caos e al disordine.

Egli evidenziò, inoltre, che dal nome e dalla data di nascita di ogni persona fosse possibile tracciare un profilo completo della personalità. Pitagora sceglieva i suoi discepoli tra quelli che avevano il 7 nel loro profilo, in quanto persone riservate e introspettive, con un forte intuito e una predisposizione al misticismo: questi erano i suoi prediletti e dovevano superare meno prove, rispetto agli altri per accedere alla sua scuola.

PRIMA DI PECCARE

Il così detto peccato è un elemento essenziale del progresso. Senza di esso il mondo invecchierebbe, cadrebbe nell’immobilità, perderebbe il suo colorito. La curiosità che ingenera il peccato, aumenta l’esperienza umana. L’affermazione intensificata dell’individualismo alla quale il peccato conduce, ci salva dalla mediocrità. Respingendo i preconcetti in fatto di morale, il peccato si trova in accordo con le idee dell’etica superiore
O.Wilde

I sette peccati capitali – Superbia, Gola, Avarizia, Ira, Lussuria, Accidia e Invidia – hanno rappresentato per secoli i modi in cui l’uomo poteva cedere alle tentazioni del Maligno, perdendo la propria anima e condannandosi alla dannazione perpetua.

Nella cultura occidentale odierna, meno condizionata dai dogmi religiosi, si rivelano comportamenti naturali che, nell’eccesso, smettono di essere proficui. È logico, per esempio, volersi cibare per essere in forze, però mangiare una mucca intera non è più un’azione funzionale, poiché, nel migliore dei casi, non ci si potrà muovere per un’intera settimana. I peccati rientrano nella categoria di “capitali” quando danno origine ad altri vizi: la Superbia, madre di tutti i vizi, può manifestarsi anche nella vanagloria, nell’ambizione, nell’ipocrisia. Possiamo anche definirla un disordinato amore per se stessi e diventa un peccato mortale quando spinge l’individuo a disubbidire a Dio. All’Invidia seguono odio, insinuazioni, maldicenza, gioia per il male e afflizione per il bene del prossimo. L’Ira si trascina dietro risse, gonfiore della mente, insulti, indignazione e bestemmie. L’Accidia è accompagnata da malvagità, rancore, indolenza. Tradimento, frode, inganno, inquietudine e durezza di cuore sono invece il seguito dell’Avarizia. Seguono la Gola, sciocca allegria, scurrilità, sconcezze, verbosità, ottundimento dei sensi. Infine la Lussuria, è alla testa di cecità mentale, sconsideratezza, amore di sé, attaccamento al mondo, orrore o disperazione per il destino futuro.

Quasi tutti sanno, almeno vagamente, cosa sono i vizi capitali. Quando si parla di essi in genere si suscitano giudizi negativi, ma commetterli risulta più seducente, interessante e, a volte, utile. Esiste un’industria che produce desideri e appetiti. La nostra società dei consumi è nata e vive grazie ai vizi. Se le signore non desiderassero vestiti né gioielli, o se la gente non volesse mangiare e vivere in modo confortevole, l’industria e la civiltà, così come la conosciamo, finirebbero. Il problema è che la società si basa sul fatto che tutti aspiriamo a possedere beni. In effetti, nessuno ha veramente bisogno della maggior parte delle cose che possiede o desidera, e così è sempre stato nella storia dell’umanità.

Come si vincono i vizi capitali? I vizi capitali si vincono con l’esercizio delle virtù opposte. Così la Superbia si vince con l’umiltà, l’Avarizia con la generosità, la Lussuria con la castità, l’Ira con la pazienza, la Gola con l’astinenza, l’Invidia con l’amore fraterno e l’Accidia con la sollecitudine.

VIZI E VIRTU’ DEI SIMBOLI PLANETARI

Nel testo “Il destino come scelta” Dethlefsen evidenzia che tutto ciò che la natura produce, consiste nella trinità: corpo, anima e spirito. Fin dai tempi antichi per lo spirito si scelse il simbolo del cerchio, che doveva significare l’unità e la perfezione, il principio spirituale. Per l’anima il semicerchio o la coppa, che doveva rappresentare ricettività, sensibilità, e per il corpo infine il simbolo della croce che, come il numero 4, rappresentava la materia. Da questi tre simboli fondamentali si sono formati i glifi dei 7 pianeti conosciuti fino ad allora. Ad ogni pianeta fu attribuito un principio detto primo.

Il Sole divenne il rappresentante del principio spirituale ed ebbe il simbolo di un cerchio con un centro. La Luna rappresentò l’anima e tutto ciò che è ricettivo. La croce come simbolo della materia non ricorre da sola, perché senza uno dei principi sopra descritti, la materia non è capace di vivere. Il simbolo di Mercurio indica che qui sono uniti tutti e tre i principi in perfetta armonia. Il simbolo di Marte mostra come la materia domini lo spirito, ma lo spirito da sotto, mette in movimento la materia. Il polo opposto è rappresentato da Venere, dove è evidente che lo spirito domina la materia. Nel principio di Giove l’anima domina la materia, ma il principio di Saturno mostra chiaramente come la materia gravi sull’anima.

In questo modo sappiamo che nell’antichità i 7 principi primi vennero denominati Sole, Luna, Mercurio, Marte, Venere, Giove e Saturno, furono personificati e trasformati in divinità. Ad ognuno di questi sette principi fu collegato un corpo celeste che fu chiamato con lo stesso nome.

Un tempo erano considerati 7 i vizi capitali esattamente perché 7 erano i pianeti conosciuti fino ad allora (al 1781 risale la data della scoperta di Urano, 8° pianeta) e poiché i vizi si legano ai 7 pianeti, li tratterò in ordine di orbita partendo dalla Luna fino ad arrivare a Saturno.

I Pianeti recano in sé un messaggio archetipale.

Secondo Jung l’archetipo (dal greco tipos = modello, marchio e archè = originale), è una struttura psichica innata e presente negli esseri viventi. Queste strutture inconsce sono a supporto della psiche e “suggeriscono” immagini e dinamismi. Non si tratta di una rappresentazione ereditata, ma di un ereditato funzionamento psichico. Analogo è, per esempio, l’archetipo biologico in cui il pulcino sa come uscire dall’uovo, gli uccelli conoscono il modo di costruire il loro nido… In questo caso l’archetipo si mostra come un’esperienza di fondamentale importanza.

Nel testo “Le Coincidenze” il medico indiano Deepak Chopra a proposito degli archetipi, evidenzia che “All’interno di ogni essere umano c’ è un tema dominante, lo stampo che può modellare una vita eroica, una divinità in embrione che aspetta solo di nascere. È ciò che siamo nati per diventare, il Sé che spesso rifiutiamo perché la maggior parte di noi non riesce a vedere il campo di infinito potenziale che è a nostra disposizione. È il nostro Sé migliore, quello privo di ego, il brandello di Universo che agisce tramite noi per il bene di tutti. Gli individui che conducono un’esistenza legata al lato più materiale delle cose non entrano in contatto con la creatura mitica che è in ciascuno di loro. Gli archetipi nascono dall’anima collettiva ma vengono recitati da quella individuale.

Il mezzo con cui l’energia psichica viene poi trasformata in “progetti di esistenza” è il simbolo, il quale agisce come mediatore tra la coscienza e l’inconscio.

Conoscere gli archetipi planetari con i relativi vizi e virtù, può offrirci dunque la possibilità di conoscerci meglio e rendere più luminosa la nostra personalità.

Biancaneve e i 7 VIZI

Biancaneve e i 7 nani è, insieme alle “Avventure di Pinocchio”, tra le favole più ricche di interpretazioni legate alla crescita dell’individuo attraverso avventure, inganni di streghe, o gatti a braccetto di volpi.

Hanno entrambe un’origine molto vicina alla natura: Pinocchio nasce da un pezzo di legno, Biancaneve nasce nel desiderio della madre che intenta a cucire si punge un dito, una goccia di sangue cade sulla terra innevata e la madre di Biancaneve in quel momento esprime il desiderio di avere “una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e dai capelli neri come il legno della finestra!”. La nascita di Biancaneve è ispirata dalla natura e dai suoi colori: bianco, rosso e nero. Questi tre colori appartengono alla personalità di Biancaneve: Il bianco rappresenta il candore, l’ingenuità, è il bianco della pallida Luna; il rosso è il Sangue, la vita che scorre, la parte solare; il nero è la morte in cui spesso sotto forma di improvvisi sonni Biancaneve si imbatte (si addormenta nel bosco, quando viene pettinata e quando morderà la mela).

E i 7 nani, che cosa rappresentano?

In fila indiana: Dotto, Brontolo, Gongolo, Pisolo, Mammolo, Eolo, Cucciolo.

Nella favola di Biancaneve il numero 7 compare già all’inizio, 7 sono gli anni in cui Biancaneve raggiunge l’apice della sua bellezza.

Ai 7 nani furono dati dei nomi e delle caratteristiche che li distinguevano l’uno dall’altro. I loro temperamenti furono collegati alle influenze dei primi 7 pianeti: Brontolo è associato alla ritrosia e alla prudenza di Saturno (sabato), Mammolo la pudicizia di Venere (venerdì), Eolo ricorda la forza irruenta di Marte (martedì), Dotto è legato alla giovialità di Giove (giovedì), Pisolo rappresenta il mondo onirico della Luna (lunedì), Gongolo la vanità del Sole
(domenica), Cucciolo la duttilità di Mercurio (Mercoledì).

Walt Disney, da appassionato studioso di esoterismo, ha probabilmente utilizzato il numero 7 non per personificare i nani, ma per richiamare i vizi capitali, dal momento che aleggiano nell’intera fiaba:

Superbia: simbolo della Regina cattiva.

Invidia: della regina per la bellezza di Biancaneve.

Lussuria: il padre di Biancaneve si risposa dopo solo un anno dalla morte della moglie;

Ira: quando la regina apprende di non essere la più bella.

Gola: Biancaneve non resiste e mangia la mela. Qui si nota un’analogia con Eva, anche lei viene sedotta da una mela che rappresenta la tentazione del male.

Avarizia: mancanza di buoni sentimenti da parte della regina.

Accidia: la negligenza del cacciatore che da un lato non porta a termine il compito affidatogli dalla regina, e dall’altro, pur salvando la vita di Biancaneve, non fa nulla per aiutarla.

La favola si conclude con il bacio del Principe e quindi con l’unione dei due opposti: il femminile e il maschile, lo yin e lo yang, il negativo e il positivo.

YIN E YANG

La pratica dell’energetica si basa sulla circolazione dell’energia. Tale energia è caratterizzata da una dualità fondamentale: lo Yin e lo Yang.

Lo Yin e lo Yang sono concretamente riscontrabili in ogni momento della vita e non possono essere concepiti l’uno senza l’altro così come non vi è alto senza basso o oscurità senza luce. La teoria di Yin e Yang afferma che tutto ciò che esiste ha un contrario, un lato rovescio, con il quale si rapporta, si pone in continuo interscambio, si completa e senza il quale rimane esso stesso incompleto. Questo vale non solo per l’uomo o gli oggetti, ma anche per l’intera natura, si applica persino agli aspetti culturali, alle idee e ai pensieri.

Intesi anche come aspetti maschile e femminile, non sono semplici opposti, ma parti complementari di qualunque intero, come la cima e il fondo, l’inizio e la fine, la testa e la croce di una moneta. Yang rappresenta tutto ciò che si espande, si muove, cresce, splende, caldo, maschile, attivo, mentre Yin si riferisce a quiete, riposo, condensazione, introversione e tutto ciò che è passivo, femminile, fresco e decadente. Entrambi presuppongono e hanno come conseguenza l’altro: l’attività di Yang senza la forza del riposo, rimane inefficace, mentre il riposo, la calma di Yin senza l’attività di Yang rimangono inespressivi e privi di efficacia.

In nessun caso Yin significa semplicemente debolezza come spesso erroneamente si ritiene, anzi in certi rapporti rappresenta addirittura l’aspetto più forte. Il principio di Yin e Yang è l’espressione del continuo cambiamento di tutto ciò che esiste. Yin genera Yang e Yang produce Yin, non c’è mai un momento di quiete.

Queste due forze costantemente in transizione ne generano una terza: la via di mezzo.

L’equilibrio armonico tra le due forze opposte, suggerisce la soluzione.

 

[1] Secondo i testi vedici l’oro rappresenta l’immortalità che è ciò a cui tende la sola trasmutazione reale.