“Qui, o Sariputra, la forma è vacuità e la vacuità è forma; la vacuità non differisce dalla forma, la forma non differisce dalla vacuità; qualsivoglia cosa sia forma, quella è vacuità; qualsivoglia cosa sia vacuità, quella è forma”.
(Il Sutra del Cuore)
Viviamo in un mondo virtuale e dobbiamo scoprirlo.
Il grande inganno è proprio credere nell’oggettività delle cose, in una realtà, cioè, sostanziale e concreta che non sia vacuità.
Non si tratta di una posizione nichilista, ed infatti nella visione buddhista, la vacuità non è il niente. Essa è la pura volontà di esistete. Ma esistere significa esserci per la morte. Dunque, l’aspirazione ad esistere è volontà di darsi, di offrirsi. L’esistenza è inafferrabile, in forza della sua natura intrinseca.
“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”.
(22 B 91 Diels-Kranz)
Viviamo in un mondo virtuale in cui le cose materiali appaiono vere, in realtà esse sono sogni, illusioni, immagini. Viviamo in un mundus imaginalis che è anche un mundus symbolicus.
In questo mondo la natura, con la sua caratteristica di impermanenza, risulta essere proprio il principale simbolo del “sacrum facere”, del darsi.
Ma che cosa è la natura?
Se partiamo dal presupposto che “natura” sia qualcosa a cui si può contrapporre qualche altra cosa, allora noi non abbiamo nulla di naturale nel nostro mondo: persino la parola scritta nella bibbia. Dai segnali di fumo dei primitivi, dalla clava fino ai computer di oggi, tutto ciò che l’uomo produce può essere contrapposto alla natura. Ma questa posizione non ha senso, perché l’uomo è un prodotto della natura. La separazione natura/cultura non regge. Meglio includere la nostra trasformazione culturale e tecnologica nella grande spinta evolutiva che rappresenta la natura,
una gigantesca spinta evolutiva che muove verso gradi di libertà sempre più elevati.
La parola “natura” stessa indica il cambiamento. Essa proviene dal latino “natura” che significa “ciò che sta per nascere” e che a sua volta è la traduzione latina del greco physis (φύσις). La natura, dunque, è intesa come un divenire o una generazione continua di forme. Le sue costanti sono la trasformazione, il cambiamento, la diversità.
La contrapposizione natura/cultura viene in essere e acquista significato in una visione di stampo abramitico, nella quale Dio abita in un cielo lontano, distinto e separato dalla natura stessa. Su questa idea di Dio si costruisce il concetto di un principio metafisico, la mente, che è separato dalla natura ed è capace di dominarla.
Ciascun individuo, poi, sulla base delle esperienze avute nell’infanzia e nell’adolescenza, cioè sulla scorta dei propri ricordi, svilupperà l’impressione di un Dio buono, come un genitore generoso e protettivo, e quindi di una mente affidabile, oppure manifesterà la sensazione di un Dio cattivo, di un genitore indifferente, e quindi di una mente malvagia.
Sono entrambe due posizioni religiose, la prima porta a vedere la scienza e la tecnologia come una sorta di religione salvifica, mentre la seconda porta a vedere la scienza e la tecnologia come una religione malefica.
Per dirla con altre parole, avremo individui che attribuiscono alla mente e ai suoi prodotti, la cultura, la scienza, la tecnologia, un potere salvifico e altri individui che, invece, attribuiscono alla mente, alla scienza e alla tecnologia un potere malefico.
Il punto di partenza rimane comunque uguale per tutti ed è nell’aver collocato l’idea di Dio al di fuori della natura, in un cielo lontano che, alla fine, viene più o meno consapevolmente sovrapposto al concetto di mente.
L’uomo primitivo invece, quando prega “sia fatta la tua volontà”, si rivolge al lupo, al gufo, alla gazzella, alla pioggia, al vento. Per l’uomo primitivo Dio e natura coincidono, pertanto la mente non può che essere al suo servizio.
Il tema della contrapposizione natura e cultura è un problema religioso, ovvero un problema che nasce nel contesto di una religione fatta a misura degli imperi per servire una civiltà che si contraddistingue come una volontà esasperata di potere.
Occorre scegliere l’amore anziché il potere perché tutto cambi radicalmente, e affinché natura e cultura trovino la loro sintesi creativa.
Per chi ha scelto il cammino spirituale, che è il cammino del sacro e dell’amore, piuttosto che quello della religione del potere, la scienza e la tecnologia possono rappresentare degli aiuti straordinari per vivere nella sintesi di natura e cultura ad un grado molto elevato.
In quanto Presidente dell’Imaginal Academy, l’Accademia degli Immaginalisti, che è nata in Svizzera per opera della Associazione di Nonterapia nel 2003, io sono molto orgogliosa di aver potuto annunciare circa un anno fa, il lancio del primo ambiente virtuale in Europa nel quale fare meditazione. Si chiama Virtual Imaginal Academy ed è un ambiente appositamente realizzato per la meditazione. Si tratta di un luogo che richiama i paesaggi nei quali l’Associazione di Nonterapia organizza i propri viaggi e le proprie ricerche: Mongolia, Giappone, Himalaya, Siberia, Sud America, ecc.
I praticanti possono incontrarsi nella steppa della Siberia, immergersi in un torrente e raccogliersi in una yurta. Possono suonare il tamburo, estrarre una carta, disegnare, danzare con il proprio spirito animale e animare il proprio totem, infine raccogliersi in meditazione al suono di una campana.
Virtual Imaginal SCW è il primo progetto in Europa che porta la meditazione, il rituale spirituale, il counselling e il life coaching nella realtà virtuale.
Per chi ha scelto il cammino spirituale, che è il cammino del sacro e dell’amore, piuttosto che quello della religione del potere, la scienza e la tecnologia possono rappresentare degli aiuti straordinari per vivere nella sintesi di natura e cultura ad un grado molto elevato.
In questo ultimo anno abbiamo fatto vari seminari di meditazione e realtà virtuale in presenza nella nostra sede di Vienna e implementato il sito “virtualimaginalacademyscw”, al quale si può accedere direttamente dal sito https://selenecalloniwilliams.com. Alcuni spazi del nostro metaverso sono gratuiti e aperti a tutti, altri sono riservati agli abbonati alla nostra membership premium. Non è necessario avere gli oculus per visitare i nostri siti virtuali, però, ovviamente, con gli oculus si ha la totale immersione nella realtà virtuale.
Come la realtà virtuale può aiutare il processo immaginale
“Tutti vedono la forma con cui ho vinto, ma nessuno sa cosa mi porta a decidere la forma della vittoria. Evita di ripetere le tattiche vittoriose del passato, perché la forma deve essere suggerita dall’infinita varietà delle circostanze.”
(Sun Tzu, “L’arte della guerra”)
L’immaginale è la grande soglia liminale tra il conscio e l’inconscio. È là che nascono tutte le immagini che diventano eventi della nostra vita. In Oriente l’immaginale potrebbe essere definito come la grande terra dei Buddha del presente, del passato e del futuro, Shangri-La, la Grande Terra di Mezzo. Chi riesce a raggiungere l’immaginale diviene il co-creatore consapevole degli eventi. Si dice che il mago, lo sciamano, il mistico, abitino nell’immaginale, dove la loro coscienza perfettamente centrata tra gli opposti, è in grado di produrre il cambiamento in conformità con la loro volontà, che si è fatta una con la volontà cosmica.
Per raggiungere l’immaginale è necessario dissolvere l’impressione della realtà oggettiva.
L’esperienza della realtà aumentata o virtuale può aiutarci a compiere le tre operazioni necessarie a questo fine: smaterializzare, depersonalizzare, deletteralizzare la nostra esperienza di realtà.
I procedimenti spirituali si sono sempre adattati ai tempi e all’uomo che cambia a seconda dei tempi in cui vive. Viviamo in circostanze in cui la tecnologia ha assunto un ruolo preponderante, essa è ovunque nelle nostre vite. Il praticante che non tenga conto di ciò, rischia di ripetere i metodi del passato e di mancare gli obiettivi del suo percorso spirituale.
Questo non significa che oggi si debba per forza di cose entrare in un ambiente virtuale per meditare, ma semplicemente che qualcuno, un pioniere con buono spirito di avventura, possa esplorare questa realtà. Alla fine, come sempre accade, l’esperienza di uno diviene l’esperienza di tutti, perché quando un individuo impara qualcosa, la apprende in verità tutta la specie.
Oggi il pensiero comune è che, nell’era dei computer e di internet, non riusciamo più ad avere esperienze sensoriali complete, cioè ad utilizzare tutti e cinque i sensi simultaneamente. La realtà aumentata sfata questo pensiero comune e ci fornisce la chiave di una nuova antropologia nella quale essere uomini è un po’ più vicino alla natura, intesa come continua generazione di forme che coincidono con la vacuità. Tutto ciò è destinato a rivoluzionare il nostro concetto di morte, di nascita, di divenire.
La realtà virtuale e l’intelligenza artificiale ci collocano alle soglie di una rivoluzione di portata epocale di cui alcuni saranno protagonisti, altri seguaci ed altri ancora rischiano di essere vittime.
La realtà virtuale e l’intelligenza artificiale ci collocano alle soglie di una rivoluzione di portata epocale di cui alcuni saranno protagonisti, altri seguaci ed altri ancora rischiano di essere vittime.
Sicuramente, come ogni rivoluzione, anche questa è accompagnata da una ridefinizione dell’idea centrale dell’uomo, l’idea di dio. Essa non può più essere collocata in un cielo lontano, ma neppure in una natura sostanziale. Sia il cielo metafisico, sia la natura sostanziale si rivelano, infatti, come dimensioni della mente. Io credo che questa rivoluzione vedrà l’idea di dio uscire dalla mente per entrare nell’immaginazione e, per quanto assurdo possa sembrare, dal momento che si parla di una rivoluzione a base tecnologica, essa rianimerà il pensiero mitico dell’uomo primitivo, la mente poetica e simbolica che ha creato il mito e con esso la forma originaria di tutte le nostre esperienze. Ritorneremo all’origine e ricominceremo.
“La storia dell’uomo non presenta altro che un passaggio continuo da un grado di civiltà ad un altro, poi all’eccesso di civiltà, e finalmente alla barbarie, e poi da capo”.
(Giacomo Leopardi, “Lo Zibaldone”)