«Se sai quello che fai, fai quello che vuoi».
«Ascoltare il corpo in movimento, giocare con lui, è il modo più efficace per plasmare la nostra mente».
La prima frase, ben lungi dall’essere uno slogan commerciale, è una affermazione utilizzata da Moshé Feldenkrais (1904 – 1984), per spiegare la natura della pratica psico-corporea che porta il suo nome. Il secondo pensiero virgolettato è dello scrivente, praticante Feldenkrais da circa 15 anni. Un pensiero, quello da me espresso, che Moshé ha declinato in modi molteplici e più efficaci del mio. L’insegnamento che sintetizza ogni scoperta fatta dal professor Feldenkrais, possiamo racchiuderlo come segue: ogni aspetto della nostra vita, inclusi l’autostima, la capacità relazionale e la creatività, è strettamente connesso alla nostra postura e al modo in cui ci rapportiamo col nostro corpo in movimento.
Personalmente definisco così il Feldenkrais. È un pennello per disegnare e ridefinire, all’infinito, la nostra immagine interiore ed esteriore. È uno strumento con cui “impariamo a imparare”. In altre parole, praticando Feldenkrais miglioriamo in ogni area della vita, perché la facciamo in modo più funzionale. Non esiste il giusto e lo sbagliato nella pratica di cui parliamo. Esiste soltanto un fare più comodo, facile e funzionale, come abbiamo già detto. E il parametro siamo noi stessi.
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