Brevi e spinosi commenti sulle “emergenze” del nostro tempo
I problemi che stiamo esperendo in questa temporalmente irrisoria, ma acutissima, parentesi dell’antropocene, sono di scala planetaria e, oltre a riguardare l’imminente collasso di tutta l’umanità (a meno di un repentino “risveglio della tigre” interiore di ogni essere umano), tali problemi interessano purtroppo la messa in pericolo di quell’unica (ontologica e non ideologica) “legge” da seguire e che non è discutibile…quella del funzionamento della vita, della biologia, cioè di quell’autentico regno pre-tecnico che per tutti noi è sacro grembo oltre che, auspicabile “grande oceano” a cui tornare dopo il viaggio “da gocce d’acqua” (per dirla con R. Panikkar).
La biologia, alle proprie radici funzionali, e la biosfera tutta, stanno venendo messe in pericolo… e non per “emergenze climatiche” naturali (già accadute molte volte) o antropiche… nel senso che, semmai, tali emergenze sono indotte ad arte, e con mezzi tecnologici ignoti ai più, proprio dalla medesima mano che propaganda la responsabilità delle moltitudini del demos, ignaro e da condurre fino al baratro del controllo biometrico assoluto. Stiamo parlando tanto di geoingegneria nei nostri cieli, quanto di biologia sintetica, tanto di sottrazione di fonti d’acqua e di terreni vecchia di decenni, quanto di elettrificazione e antenne a tappeto in tutto il globo, tanto di agenda “green” fondata sulla promozione di un’unica forma di fornitura energetica (l’elettricità) che non risolve alcun problema di impatto ambientale (anzi!), quanto di rimozione della proprietà privata e del rendere gli esseri umani di fatto “utenti della loro esistenza” (e sotto ricatto).
Stiamo parlando tanto di cultura gender e dissoluzione della sessualità biologica innata, quanto di decostruzione della famiglia secondo natura, neuro-programmazione seduttiva dei bambini e di trans-umanesimo, stiamo parlando di foraggiamento bisecolare di credenze bio-medico-sanitarie in presunte epidemie e contagi da parte di “germi” (naturalmente o sinteticamente generati) che non hanno nulla di dimostrato e di negazione del confronto scientifico scevro da censure, bias, “gatekeeping tamponali” e fazionismi. Stiamo parlando di iniettarsi prodotti sintetici sperimentali (così da esser dei “bravi cittadini”) prodotti dai medesimi esponenti e sostenitori del “problema del sovrappopolamento”, senza che nessuno si interroghi sul come mai (viste le loro pubblicamente dichiarate idee sul pericoloso eccesso demografico) non colgano allora la palla al balzo di una “pandemia” da coronavirus, lasciando fare alla natura “il proprio corso”, ed invece ci tengano così tanto a che la gente “si salvi la vita”… tanto da precipitarsi a creare grottesche canzoncine di Natale in televisione e ricattare i reticenti fino al midollo. Ma loro sono filantropi! La capiamo già così, o la dobbiamo spiegare?
Siamo schietti. Stiamo parlando del fatto che se una moltitudine di individui sufficientemente numerosa non comprende (e in fretta!) il “perverso disegno” che da tempo si svolge sulle nostre teste e non inizia a “unire i puntini” che collegano i molti livelli di espressione del “sistema” sociale-economico-politico-tecnico in cui viviamo, e che crediamo invalicabile, allora siamo spacciati. Se una massa critica (in senso numerico e filosofico), entro poco tempo, non diviene pronta a far crollare dentro di sé idoli e capisaldi di molti di quelli che si credono essere i riferimenti di base del mondo (il denaro, gli stati, il mercato, il lavoro salariato, le malattie contagiose, le leggi, la cosiddetta istruzione, la scienza e le chiese varie), costruiti da tempo per svolgere indisturbatamente un controllo solo crescente, significa che non faremo in tempo a impedire che si instauri una distopia planetaria di cui poca fantascienza ha saputo suggerirci l’orrore.
Ciò che stiamo vivendo è la conseguenza di uno iato tra linguaggio e realtà e la patologica pretesa, degna di psicosi clinica, dell’adeguamento della seconda al primo. La radice di questa narcosi è scientifica (oltre che estetica, percettiva) e ciò si fa evidente nella prassi empirica, che sembra consegnare verità oggettive, ma solo quando non rimuove ciò che sfugge alla misura (come, ad esempio, il percepito viscerale di ogni organismo dei significati attribuiti all’ambiente in cui è inserito e gli effetti potenti che tale percezione ha sulla sua fisiologia), collassando il reale ad una rappresentazione codificata secondo categorie arbitrarie.
Risultato: ci sono persone che hanno mostrato sintomi, magari anche quadri clinici gravi, e, se non si diceva che la causa fosse un virus (mai isolato), si era dei “negazionisti” o altre follie, come se uno che neghi che i regali sotto l’albero ce li ha messi Babbo Natale, allora è uno che nega il Natale. Come si può comprendere, il passo all’orwelliano bi-pensiero è brevissimo: 2+2 fa 5 e chi lo nega è un violento ed un fascista.
Ma è bene fare una nota sulla radice percettiva, aesthetica e psichica della sottoscrizione di tutto ciò. Il delirio in cui ci troviamo, infatti, nasce da un degrado tanto narcisistico quanto esistenziale:
- narcisistico nel senso che, per cultura, nel soggetto vengono sostituiti, alla percezione autentica di sé, la rappresentazione ed il “valore” codificati secondo parametri eteronomi al soggetto stesso e costruiti da un collettivismo funzionale ad altro, svuotato di ogni radicamento alla natura; da qui il bisogno di adequatio a canoni d’esistenza (non solo estetici, ma morali, culturali, sociali) necessari per garantirsi un imperdibile “status di appartenenza”, pena l’emarginazione;
- esistenziale nel senso che l’isterilimento emotivo, analogico e la rimozione della vicinanza e del senso di cura e cooperazione fattuali (possibili solo in realtà a piccola scala, come i villaggi e le tribù), nella globalizzata standardizzazione in cui siamo alloggiati, svuota totalmente le vite di afflati profondi e degrada la comunicazione tra individui al livello meramente descrittivo; ciò è testimoniato dal solerte e indiscriminato accoglimento di tutte le “distrazioni” che permettano di saturare imbarazzanti silenzi da cui echeggino munchiani urli di un mal de vivre… e così si fanno ubiqui e desiderabili proto-rimedi surroganti come: animali da appartamento, rotocalchi, social network, cronaca, eventi, pacchetti vacanze, per non parlare della dissipazione in mode, shopping e tifoserie di ogni sorta. L’importante è non abbandonare il chiacchiericcio che assicuri una comunicazione centrata su contenuti non-intimi (ad eccezione del pettegolezzo morboso) e che si nutra di commenti sul meteo, il caro benzina ed il solito “governo ladro” [ma va?!]).
Il delirio in cui ci troviamo, infatti, nasce da un degrado tanto narcisistico quanto esistenziale
Questi due fattori sorreggono l’architrave del conformismo, che sostanzialmente è la perfetta risultante comportamentale di un’eugenetica culturale premeditata dall’alto ed ignaramente nutrita dal basso. In tal modo, laddove la deprivazione esistenziale e spirituale sono così irreparabili, il nichilismo opaco, travestito da normalità, fa sì che ogni occasione in cui ci si possa sentire migliori e “riconosciuti” positivamente valga come manna dal cielo. Ecco quindi che il principale attore che ha mosso il consenso sociale (l’unico ingrediente che possa trasformare una oggi impraticabile dittatura in una praticabilissima egemonia voluta in primis dalla massa) è proprio questa «grande occasione» di sentirsi “migliori e lodevoli” (a servizio dell’ubiquo archetipo della vittima sacrificale, ma con la levatura del martire e di chi “purtroppo deve sopportare e farsi carico, ma a testa alta e con gioia” nonostante “gli irresponsabili”, che diventano i capri espiatori).
E così, via ai bavagli sulla faccia, anche ai piccoli e anche quando non obbligatori perché si è delle “persone responsabili”; via all’iniettarsi roba sperimentale di cui si richiede il manlevo di ogni responsabilità, firmando un consenso “informato” su prodotti coperti da segreto militare; via a porgersi il gomito, a lasciare le borse della spesa fuori casa della nonna che non si abbraccia da mesi e all’impedire di star vicini ad un malato in ospedale (che magari non si rivedrà mai più) e a molte altre chicche che se fossero state raccontate solo 10 anni fa avrebbero causato la sollevazione indignata dei più apatici ed indifferenti borghesucci.
La violenza di questo ligio ben pensare è ben più tragica di quella di una rivolta armata ed in quel buonismo, si fanno sacrileghi e blasfemi, o come minimo ridicoli (tramite etichette quali “complottismo”, “pseudo-scienza”, “tuttologia”), ogni dissenso e critica a quel credo, in quanto tale credo costituisce proprio il sistema di coordinate entro cui può valere l’immagine narcisistica ed esistenzialmente povera dell’”esser migliori”. La critica di chi, a tutto questo, non ci sta si fa inaccettabile ed urticante, poiché ribalterebbe quella stessa “lodevole” rappresentazione di sé in un mostruoso e miserabile «fesso» o «incompetente», ma soprattutto…. uno di quelli meno capaci di senso del sacro nei confronti di quell’intoccabile essenza di cui non si deve nemmeno discutere: il tempio del proprio corpo.
Ovviamente, esistendo coloro che a questo schema perverso sono restati immuni, è bell’e fatto il “divide et impera“, ma la ragione non può liquidarsi nella banalizzazione secondo cui esistono due fazioni di individui che “stolti entrambi” si fanno la guerra, ponendole sullo stesso piano. Questo equivarrebbe a non riconoscere la vera dinamica della vicenda. Qui si tratta del fatto che una parte immensa di umanità sta deliberatamente abdicando al proprio “essere umani vivi e liberi” in favore di un macchinario infernale il cui operare coinvolge anche coloro che questo scempio lo vedono e non lo vogliono permettere, ma che sono in netta minoranza. La cosa grave e drammatica è l’impossibilità di affrancarsi, dicendo ai primi “voi fate pure la vostra strada”, in quanto il disegno è totale e coloro che stanno lottando, lo stanno facendo anche per le pecore del gregge (sia per causa loro, che per aiutare loro). Questo aspetto, con queste proporzioni, è un fatto inedito nell’intera storia dell’umanità
Senza qui poterci soffermare su tutta la problematica che riguarda il primatismo della conoscenza scientifica e di tutta la patinata indiscutibilità di ciò che essa sforna dal mondo accademico, protetto dalla retorica dell’eccellenza e del peer review che certificano e accreditano il sapere che può e dev’essere accreditato, e senza qui considerare tutti i bias ideologici, economici che questo “sapere” porta con sé, sappiamo bene che la scienza istituzionale ha in realtà un grosso problema alla propria base e che riguarda il come si costruisce verità scientifica. Questo aspetto metodologico, specie nelle scienze medico-biologiche, non diventa mai oggetto della stessa riflessione scientifica, o non lo diventa al punto da mettere in discussione alcuni capisaldi intoccabili che in vero consentirebbero un salto paradigmatico nella comprensione del regno vivente.
Una parte immensa di umanità sta deliberatamente abdicando al proprio “essere umani vivi e liberi” in favore di un macchinario infernale il cui operare coinvolge anche coloro che questo scempio lo vedono e non lo vogliono permettere
All’interno di questa basilica dottrinale, il mondo accademico è rimasto inerte e passivo di fronte ad un simile delirio sociale, o se n’è fatto, peggio, complice ed attuatore. Idem per la scuola, che è stata da tempo programmata e configurata in modo da garantire una sottoscrizione del “total reset” in attuazione. Questo è stato un esito ottenibile tramite un preciso lavorio, degli ultimi 30 anni, occultato nelle anse delle procedure, fatto a colpi di riforme e circolari, nonché con le millantate pratiche di “sinergia col mondo del lavoro” e di finanziamento “della ricerca” sotto le voci di sviluppo, innovazione, ammodernamento,
informatizzazione… ecc. (si veda E. Frezza).
Ma tornando al problema epistemologico, se è vero che, con Bateson, «i dati non sono fatti», non possiamo dare per scontato ciò che l’immagine tradizionale della scienza fa dai tempi di Galilei, mettendo sullo stesso piano i modelli descrittivi (matematici, in ultimo) e quegli aspetti irriducibili dell’esperienza, con cui facciamo i conti tutti i giorni. Questa scienza sa rispondere alla domanda che si chiede che differenza c’è tra fare una misura e fare esperienza…?
È evidente che da tempo siamo di fronte ad una crisi (utilissima) costituita dal rimettere radicalmente in discussione una visione dell’epistemologia che ritiene di poter operare soltanto intendendo il metodo come strumento indipendente dal proprio oggetto di studio e come criterio astratto della “scientificità” di un problema e di una sua soluzione. In questo caso, il prezzo da pagare è accettare il procedimento fisicalista come l’unico valido, e accettare un “taglio” cartesiano profondo tra mente e natura (psiche e soma) profondamente dualistico e, pertanto, non necessitato.
La “terapia” a tale crisi (per dirla con I. Licata) sta dapprima nel riconoscimento che ogni “epistemologia” nasce e si sviluppa all’interno dei livelli emergenti di realtà e quindi anche di descrizione, tenendo presente che lo studio di ogni “dominio del mondo” – dalla stessa definizione di “dominio”, ai suoi oggetti ed alle relazioni che li legano a vari livelli – implica un riconoscimento esplicito delle strategie e delle finalità cognitive dell’osservatore.
Si deve mettere bene a fuoco che, di tutte le emergenze propagandate, l’unica vera e reale è allora quella della coscienza: al momento, nella maggior parte degli individui umani non ci sono strumenti adeguati a orientare l’agire ed il pensare… manca una bussola per stare al mondo in modo bio-logico, cioè secondo logica per la vita. Non si sta parlando qui di cultura, competenze, nozioni, ma di capacità di sentire (non di credere, ma di sentire!) cosa è vero/buono/utile (B. Spinoza) e necessario per la vita e di abbandonare un solipsismo sistema-centrico degenere che nulla ha di umano, e nulla ha di pro-vitale. Quello che sopprime la vita è la mancata meta-osservazione critica dei bisogni che vengono espressi da ogni individuo senza che quest’ultimo ne sappia distinguere l’origine (se davvero autentica, necessitata, bio-logica…o se indotta, condizionata, orientata, funzionale ad altro).
Nella maggior parte degli individui umani non ci sono strumenti adeguati a orientare l’agire ed il pensare… manca una bussola per stare al mondo in modo bio-logico, cioè secondo logica per la vita.
Quando manca questo, allora vi è lo spazio per i grandi détournements (per dirla con i situazionisti e G. Debord) prodotti dal relativismo bi-pensato che fa da spalla al pensiero identitario. Per solo menzionarne alcuni:
- dalla critica dell’umanesimo antropocentrico (“umano troppo umano”) alla negazione dell’umano in favore di un post/trans-umano (in vero espressione di una hybris paranoide, tremebonda ed incapace di cogliere l’ontologia relazionale di ogni vivente e di integrare la morte come fatto della vita);
- dall’accoglimento del bisognoso, del diverso, dell’inetto, del ferito (dentro) alla proibizione di essere “normali” (sani, forti, indipendenti, liberi, eterosessuali, maschi o femmine), da qui lo sfruttamento ad minorem dei valori cristiani, come aveva ben colto già Nietzsche nella sua genealogia della morale;
- dalla uguaglianza (quale?) come decontestualizzato totem inviolabile, alla soppressione delle diversità: ma se ci pensiamo bene, la vita è proprio biodiversità, differenziazione (entropia minima raggiunta proprio tramite la massimizzazione dei vincoli, dei requisiti e delle distinzioni). Altro che la soppressione dei sessi o la prevalenza dell’autodichiarazione narrante sulla fattualità biologica!
- e quindi l’ideologia gender come atto di psicosi collettiva da mancato senso di realtà e sottoscrizione in vero dello status quo: essa sembra rompere schemi (con questa idea seduce adepti, e sempre più giovani), quando invece si fa il più acuto gesto di conformismo in cui la definizione data arbitrariamente va confermata da un collettivo servile, pena l’essere fuori posto o fuori legge, perché …. “violenti”;
- dall’elevato “i figli non si posseggono perché sono della vita”, a … “non li possiedono i genitori perché di fatto li possiede qualcun altro”;
- dalla tecnica come strumento, alla tecnica come fine.
L’uomo è un essere vivente e se vuole prosperare nella biosfera ed essere inondato di una felicità autentica, conferibile solo dalla Natura, deve sapersi porre in ascolto, per muovercisi con cura e commozione.
Bibliografia, per approfondimenti:
– Relationships and Causation in Living Matter: Reframing Some Methods in Life Sciences?, Physical Science & Biophysics Journal, September 28, 2022, Volume 6 Issue 2, ISSN: 2641-9165, MEDWIN PUBLISHERS, DOI: 10.23880/psbj-16000217
– Trans-umano, singolarità e biologia sintetica, articolo, Nexus n°150, Nexus Edizioni, https://shop.nexusedizioni.it/collections/nexus-new-times/products/nexus-new-times-nr-150-digitale
– COVI-Deliri Scientificamente Scorretti, articolo e webinar, (maggio 2021), https://www.homonovus.it/approfondimenti/, https://www.youtube.com/watch?v=LeTO6Qjp_qc
– Miss Inco Scienza, ancora gravida? Critica al delirio biosintetico anti-Natura, Nexus Edizioni. ISBN: 9788885721272
– Electrodynamic coherence as a bio-chemical and physical basis for emergence of perception, semantics, and adaptation in living systems, Journal of Genetic, Molecular and Cellular Biology, 7:2020110686, 2020. ISSN 2379-5700.
– http://www.enlivenarchive.org/data/electrodynamic-coherence-as-a-biochemical-and-physical-basis-for-emergence-of-perception-semantics-and-adaptation-in-living-systems-4741.html , (doi: 10.20944/preprints202011.0686.v1).
– Un Quadro Bio-logico sull’epidemia Covid-19, articolo, https://pattoverascienza.com/un-quadro-bio-logico-sulla-epidemia/