L’ineffabile insight
Ricordo che, anche da molto piccola, passavo del tempo a ‘sentirmi da dentro’, a osservarmi attentamente, perché avevo questo profondo desiderio di cogliere quale fosse la differenza tra un pensiero, un’intuizione e un ‘qualcosa di più’ che ogni tanto mi accadeva e a cui non riuscivo a dare un nome. Questo ‘qualcosa di più’ era un’esperienza quasi fisica: ad un certo punto, mentre ero coinvolta in una delle mie attività quotidiane di allora, era come se si accendesse una lampadina, proprio sopra la mia testa. Questa luce, poi, si riverberava all’interno del mio cervello ma riusciva, in modo quasi magico, anche a distribuirsi all’interno di me. Il risultato era che io mi trovavo, all’improvviso, in uno stato di chiarezza – sia mentale che emotiva – di espansione, di grande creatività e di quasi beatitudine.
Per anni mi sono chiesta come questo fenomeno accadesse: quali fossero gli ingredienti, le situazioni al contorno, gli eventi catalizzanti. Non ho avuto grandi risposte ma quell’esperienza, che adesso posso chiamare con il nome di insight, è stata una costante invariabile all’interno di tutti gli eventi, di tutte le circostanze, di tutte le scelte e le decisioni che ho preso nell’arco di oltre sessant’anni di vita.
Una risorsa preziosissima! Un insight! Un’esperienza “Aha!”
Un altro dei motivi per cui ho deciso di affrontare questo tema – e, ahimé, mi sono accorta in seguito di quale ‘fatica d’Ercole’ potesse rappresentare – è l’aver notato quanta confusione, quanti fraintendimenti, quanta ignoranza gravitano attorno al significato, alla natura e all’esperienza dell’insight, soprattutto nel mondo del counseling e della relazione di aiuto.
La natura di questo articolo è in maggioranza compilativa. Ho ricercato, in varie fonti bibliografiche, i contributi, i diversi punti di vista e le varie esperienze sull’insight: da quello filosofico a quello psicologico e psichiatrico e infine a quello neurologico. E, ovviamente, a quello spirituale.
Nella prima sezione, quella compilativa, riporto tutti i vari contributi che ho raccolto nell’ambito della mia ricerca e alcuni dei miei punti di vista.
Nella seconda sezione, che io chiamo esplorativo-esperienziale, cito, passo per passo, stralci della relazione offerta da Carl R.Rogers che mi hanno fortemente toccata e ispirata. Riporto, a seguire, alcuni frammenti di una seduta di counseling che ho registrato, attuando le condizioni più favorevoli per sostenere il mio cliente a raggiungere e acquisire uno o più insights.
Non c’è una conclusione, come forse dovrebbe esserci secondo i canoni normali.
Quali conclusioni trarre su un’esperienza così ineffabile chiamata insight?
Il significato di fenomenologia
Il termine fenomenologia fu introdotto originariamente dal filosofo tedesco di origine svizzera Johan Heinrich Lambert: nella sua opera Novum Organon, apparsa nel 1764. Convenzionalmente, il termine ha quattro significati principali nella storia della filosofia, uno desunto da Hegel (1807), uno da Husserl (a partire dal 1900), uno da Scheler (1914) e infine uno da Heidegger (1927).
- Per Hegel, la fenomenologia è un approccio alla filosofia che inizia con l’esplorazione dei “fenomena” (che si presenta a noi nell’esperienza conscia) come mezzo per cogliere lo Spirito Assoluto che è dietro il fenomeno.
- Per Edmund Husserl, la fenomenologia è un approccio alla filosofia che assegna primaria rilevanza all’esperienza intuitiva, la quale guarda ai fenomeni (che si presentano a noi in un riflesso fenomenologico, ovvero da sempre indissolubilmente associati al nostro punto di vista) come punti di partenza e prove per estrarre da esso le caratteristiche essenziali delle esperienze e l’essenza di ciò che sperimentiamo.
- Max Scheler, nello scritto del 1914 “Fenomenologia e teoria della conoscenza”, propone di superare la concezione della fenomenologia come metodo, spostando piuttosto l’attenzione al darsi del fenomeno stesso: il primato non spetta più al metodo conoscitivo che oggettiva l’attività del vedere, ma a ciò che si dà a vedere nella modalità dell’auto-darsi. Per ottenere questo risultato è necessario un cambiamento di atteggiamento capace di spostare la visuale dalla prospettiva predominante con cui ci si rapporta al mondo. Questo cambiamento non è intellettuale ma riguarda il centro di orientamento della sfera emozionale della persona.
- Per Martin Heidegger, la visione fenomenologica del mondo delle cose deve essere superata attraverso la comprensione dell’Essere che è dietro tutti gli enti, e può considerarsi come un’introduzione all’ontologia.
Secondo The Encyclopedia of Sociology, la fenomenologia è “un metodo filosofico che si sviluppa dall’individuo e dalla sua esperienza cosciente e che cerca di evitare assunti aprioristici, pregiudizi e dogmi. La fenomenologia” prosegue l’Enciclopedia “esamina i fenomeni nella maniera in cui gli attori li percepiscono nella loro immediatezza”.
In altre parole, la fenomenologia è un approccio che considera i fenomeni della vita quotidiana (il fenomeno è ciò che appare e non ciò che è) come non scontati, interrogandosi sul modo con cui si guarda e si è nel mondo.
La proposizione principale della fenomenologia, infatti, consiste nel sostenere che la realtà quotidiana è costruita socialmente a partire da una conoscenza pratica accumulata, condivisa e data per scontata da una collettività. Il punto di interesse, allora, è vedere come gli attori definiscono le situazioni, il mondo così come appare a loro, cercando di “mettere tra parentesi” proprio quelle nozioni culturali a partire dalle quali gli attori interpretano la realtà stessa.
Il significato di insight
In-sight: inner vision (visione interiore o visione interna); è un termine di origine inglese, usato soprattutto in psicologia, e generalmente definisce il concetto di intuizione nella sua manifestazione più immediata e improvvisa. È anche:
- esempio, atto o risultato di comprensione della vera natura di una cosa o delle cose, specialmente attraverso una comprensione intuitiva;
- visione mentale o discernimento penetranti, facoltà di vedere le verità sottostanti a fatti, le qualità intrinseche;
- comprensione immediata e chiara, improvvisa.
In psicologia:
- la comprensione di relazioni che porta luce in un problema o ne aiuta la soluzione;
- la comprensione delle forze motivazionali che sono dietro a azioni, pensieri o comportamenti.
In psicologia della Gestalt:
- la ridefinizione del sistema da parte del soggetto che permette la risoluzione del problema posto Questo concetto è importante perché descrive il processo di apprendimento in termini nuovi, non per “prove ed errori” (trials and errors) come da tradizione comportamentista, ma per riconfigurazione dello spazio del problema. una ristrutturazione concettuale degli elementi disponibili e conseguente salto verso la soluzione.
In psicoterapia:
- il riconoscimento delle origini di difficoltà emozionali.
In psicoanalisi:
- l’input che genera il cambiamento nel paziente.
L’apprendimento per insight comincia ad essere teorizzato negli anni ’20 prima della seconda guerra mondiale, appunto all’interno del movimento della Gestalt. Wolfgang Kohler (1887-1967) aveva studiato il comportamento degli scimpanzé di fronte al compito di raggiungere una banana tramite l’utilizzo di una serie di bastoni di diversa lunghezza. Solo montando insieme due bastoni lo scimpanzé avrebbe potuto raggiungere il premio. Dopo lunga esplorazione degli strumenti a propria disposizione e della gabbia e dell’ambiente esterno, lo scimpanzé all’improvviso (come per una intuizione: il fenomeno della Aha Erlebnis, quando tutto a un tratto la soluzione a lungo cercata viene all’improvviso in mente) monta i due bastoni e raggiunge la banana; quindi non per tentativi ed errori (trials and errors) ma perché ha ri-configurato i diversi elementi del sistema (bastoni, gabbia, banana, distanze, ecc.) al fine di raggiungere il suo scopo. L’insight per Kohler è l’improvvisa scoperta di un nuovo modo di interpretare la situazione totale, è dunque la scoperta d rapporti tra gli elementi, rapporti diversi da quelli individuati prima della scoperta. L’attenzione non è quindi sull’apprendimento inteso come accumulo di esperienza e ricorso alla continuità. Ma l’insight non nega l’esperienza passata.
Nei casi in cui la situazione non presenta possibilità di ristrutturazione e in assenza di strategie, il soggetto ricorre a ciò che già gli è noto, mentre la discontinuità rispetto alle condizioni precedenti avviene quando la situazione la rende possibile.
La psicologia cognitiva, riprendendo la distinzione platonica tra “diànoia” (il tipo di conoscenza razionale che trae conclusioni dall’elaborazione delle premesse) “noesi” (la facoltà della conoscenza intuitiva e pre-discorsiva), definisce l’insight come una forma di ragionamento che, piuttosto che analizzare un problema nei dettagli tramite un processo di avvicinamento progressivo alla soluzione, la raggiunge attraverso un’intuizione improvvisa.
Sebbene queste due forme di ragionamento siano spesso complementari, l’insight è particolarmente importante nel risolvere problemi nuovi, per i quali le strategie mutuate dall’esperienza si rivelano spesso insufficienti. Un esempio classico di problema che viene generalmente risolto tramite un ragionamento via insight è il problema della candela (Il problema della candela, descritto da Karl Duncker nel 1945, consiste nel fissare una candela al muro avendo a disposizione solo la stessa candela, alcuni fiammiferi e una scatola di puntine).
Il termine insight fa riferimento a un processo di apprendimento che si dissocia dalla concezione associativa e a quella per ‘prove ed errori’. L’individuo in modo improvviso ha una sorta di illuminazione e collega gli elementi finora sparsi in una forma unitaria e innovativa, conferendo loro un nuovo significato. L’insight è una sorta di ristrutturazione improvvisa del campo cognitivo. Grazie alla nuova chiusura si ha un apprendimento.
La natura dell’insight
“I greci avevano una riposta pronta per quando accade che la mente all’improvviso trova la risposta a una domanda, una risposta che ha ricercato a lungo. L’insight veniva considerato come un dono delle Muse, le sue origini erano divine. Serviva a sottolineare la credenza della cultura greca che ci sono cose che non sono destinate ad essere spiegate scientificamente. L’essenza dell’insight è che arriva da una fonte soprannaturale, imprevedibile e senza controllo. In altre parole le origini dell’insight sono inconsce e quindi inspiegabili. Wittgenstein pensava che fino a quando c’è una espressione come ‘avere un insight’ – che funziona allo stesso modo dell’espressione ‘sentire i morsi della fame’, quindi inducendoci a trattare ‘un momento di insight’ come il nome di un’esperienza – le persone continueranno ad inciampare nelle stesse sconcertanti difficoltà e a trovarsi a fissare con insistenza un qualcosa che nessuna spiegazione sembra essere in grado di chiarire.
Altri pensano che il momento dell’insight sia davvero un mistero, ma è uno di quei misteri che implora di essere spiegato in termini causali.”
(Stuart Shanker. Atkinson College, York University, Toronto, ONT, Canada. 1996)
L’esperienza ‘Eureka’
È stato Marco Vitruvio Pollione (scrittore e architetto romano, 80 a.C.-15 a.C.) il primo a raccontare la storia di come Archimede, mentre stava considerando come accertare la quantità di oro nella corona del re Gerone II, decidesse di andare ai bagni di Siracusa. Quando entrò nella piscina dei bagni osservò che la quantità di acqua che fuoriusciva dalla piscina era uguale al volume del suo corpo immerso. Dato che questo fatto indicava il metodo per spiegare il caso, Archimede non indugiò, ma, mosso da delizia, saltò fuori dalla piscina e, andando verso casa nudo, si mise a urlare di aver trovato ciò che stava cercando. E correndo gridò in greco: “heure ‘ka, heure ‘ka” ( εὕρηκα o ηὕρηκα), “ho scoperto”, “l’ho trovato”.
Questa storia ha incarnato le attitudini occidentali verso l’insight per duemila anni: l’accadimento fortuito di eventi, l’improvvisa esplosione di ispirazione, l’euforia e la distrazione che arrivano con una scoperta inaspettata e, sopra tutto, il mistero assoluto della ‘eureka experience’. Come è riuscito Archimede a fare la connessione tra la quantità di acqua che fuoriusciva mentre lui entrava nella piscina e il Problema da risolvere che gli aveva affidato il re Gerone? Come mai nessuna prima aveva mai notato che il volume di un solido irregolare poteva essere misurato dallo spostamento dell’acqua? E l’Eureka è più di una dichiarazione, è diventato l’emblema di uno dei segreti della mente umana più profondamente tenuti nascosti.
La letteratura sull’insight elenca quattro caratteristiche principali di questa esperienza:
- fulmineità (l’esperienza è sorprendente e immediata)
- facilità (la soluzione viene elaborata senza difficoltà)
- affetto positivo (gli insights sono gratificanti)
- sensazione di avere ragione (dopo l’insight, l’individuo giudica la soluzione come vera e ha fiducia nel suo giudizio).
Anche se questa fenomenologia è ben conosciuta, nessuna teoria ha spiegato perché la sensazione dell’insight è come è. Noi proponiamo un resoconto scorrevole dell’insight: l’effetto positivo e la verità percepita e la fiducia nel proprio giudizio sono innescate dall’apparizione improvvisa della soluzione di un problema e la concomitante e sorprendente scorrevolezza dell’elaborazione.
Parole chiave: “Effetto, fiducia, insight, verità, scorrevolezza di elaborazione, sorpresa.”
L’improvvisa apparizione di una soluzione attraverso un insight, il famoso effetto “Aha!”, è un’esperienza fenomenica particolare che le persone hanno quando risolvono un problema, come l’esempio a seguire illustra. Dopo aver lavorato per settimane su nuovi tipi di trasformazioni matematiche, il matematico e fisico francese Henri Poincaré (1854-1912) smise di lavorare e andò a fare un’escursione geologica, durante la quale non pensò più al problema matematico. Durante il viaggio, un giorno salì su di un autobus: ”Non appena misi piede sull’autobus, mi arrivò l’idea, anche se niente dei miei pensieri precedenti sembrava avermi preparato a questo, che le trasformazioni che io ero solito chiamare funzioni Fuchsiane erano identiche a quelle della geometri non-Euclidea……non mi misi a verificare ma mi sentii di colpo assolutamente certo”. Solo dopo essere ritornato a casa, Poincaré verificò la scoperta. Più tardi, studiando delle questioni aritmetiche, Poincaré fece l’esperienza di un’idea che “aveva le stesse caratteristiche di concisività, fulmineità e certezza immediata”.
Perché un insight è accompagnato da esperienze come questa?
Secondo Poincaré “l’insight è una sensazione veramente estetica che tutti i veri matematici riconoscono, ed è veramente sensibilità,” in grado di stimolare “emozioni estetiche”.
Le descrizioni di Poincaré illustrano le caratteristiche principali dell’esperienza dell’insight:
- fulmineità – la soluzione del problema salta nella mente, inaspettatamente e sorprendentemente
- facilità – anche se l’elaborazione del problema è stata molto difficoltosa in precedenza, viene elaborata velocemente e facilmente dopo aver trovato la soluzione.
- positività – un insight porta un’esperienza genuinamente toccante che accade prima della valutazione della soluzione e quindi non è orgoglio.
- verità e fiducia – dopo un insight, l’individuo giudica la sua soluzione come vera e esprime fiducia nel suo giudizio, anche prima di valutare la veracità della soluzione con una analisi formale.
Quindi un insight è un’esperienza che può accadere in concomitanza o successivamente ai tentativi di problem-solving, nella quale il contenuto del problema arriva alla mente con facilità e offre una sensazione di piacere, con la convinzione che la soluzione sia vera e la fiducia in questa convinzione.
Anche se un corpo di eccellenti ricercatori ha esaminato i processi cognitivi e cerebrali che possono condurre a un insight non c’è una spiegazione coerente della fenomenologia (esperienza) dell’insight. È stupefacente che per molti ricercatori la fenomenologia sia sufficiente per definire l’insight.
Per comprendere meglio la significanza concettuale e metodologica delle fenomenologia dell’esperienza dell’insight è importante avanzare da una prospettiva in prima persona (basata su dati accessibili solo al soggetto) verso una prospettiva in terza persona (basata su dati osservabili dall’esterno). per spiegare perché l’insight viene sentito così.
Insight e scorrevolezza di elaborazione
La ricerca recente in psicologia cognitiva e sociale ha identificato la scorrevolezza di elaborazione come uno stato del sentire che aiuta a integrare i componenti esperienziali dell’insight. La scorrevolezza di elaborazione è la facilità con la quale le informazioni vengono elaborate nel sistema cognitivo, di pertinenza dell’input percettivo delle rappresentazioni semantiche o il recupero di contenuti di memoria.
La nostra ipotesi di base è che la soluzione di un problema inneschi sia l’affezione positiva che la fiducia nella verità della soluzione. A seguire, rivedremo l’evidenza e la metteremo in relazione all’insight per quanto riguardo l’impatto della scorrevolezza sulle sensazioni di facilità (b), verità e fiducia (d) e l’importanza della fulmineità (a).
Il piacere della facilità
La scorrevolezza della elaborazione dipende dalle dinamiche indipendenti dal contenuto dell’elaborazione della informazione, cioè la facilità e la velocità con le quali l’elaborazione accade indipendente dal contenuto. Rispetto all’insight, la scorrevolezza riflette il rush di insight e la facilità con la quale la soluzione viene compresa. Un’alta scorrevolezza di elaborazione in sé appare avere una connotazione edonistica, perché gli stimoli che vengono elaborati facilmente e rapidamente sono preferiti agli stimoli che sono difficili da elaborare. Il senso di piacere, come genuina conseguenza della scorrevolezza può assomigliare alla gioia che accompagna l’esperienza “Aha!” e può risultare in un’emozione estetica che Poicaré riteneva accompagnasse intimamente un insight.
Poincaré pensava anche che l’emozione estetica e la sua certezza assoluta fossero in qualche modo correlate.
Gli effetti della scorrevolezza su verità e fiducia nel giudizio
La scorrevolezza innesca non solo preferenze affettive ma anche una vasta gamma di altri giudizi, come chiarezza o familiarità di uno stimolo.
La scorrevolezza non solo influenza la verità apparente delle proprie affermazioni ma anche la fiducia nella propria performance. La velocità e la facilità con la quale una risposta salta alla mente aumenta la convinzione nella verità della risposta, e quindi nelle proprie capacità personali.
Il ruolo della fulmineità
Gli insights giungono all’improvviso. Si è notata la presenza di una sensazione di calore, che va man mano aumentando con l’avvicinarsi del raggiungimento dell’insight. Sembra anche che le persone sembrano sentire livelli bassi di scorrevolezza durante la maggior parte del processo di problem-solving e non riescano ad anticipare il momento dell’insight.
La misurazione temporale del raggiungimento dell’insight varia da 50 a 150 millesimi di secondo!!!
In primo luogo, l’insight arriva come rilascio dopo la tensione dell’investigazione.
Questa istanza è sottolineata dalla storia della disinibita esultanza di Archimede, dallo desiderio e dallo sforzo antecedenti. Dentro ognuno di noi, in profondo, c’è questa urgenza a sapere, a comprendere, a vedere il perché delle cose, a scoprire i motivi, a trovare la causa, a spiegare. l’investigazione è oltre ogni dubbio, può assorbire un uomo, invadere la struttura stessa dei suoi sogni. Quale esempio migliore si può trovare per questa urgenza oscura, esigente, imperiosa di un uomo che corre nudo, urlando: ‘“Ce l’ho!”, “L’ho trovato!”.
In secondo luogo, l’insight arriva all’improvviso e inaspettatamente.
Non è arrivato mentre Archimede era in uno stato d‘animo e in una posa che uno scultore sceglierebbe per rappresentare ‘Il Pensatore’. È arrivato come un flash, in una occasione insignificante, in un momento di rilassamento. C’è un aspetto dell’insight che è universale: non lo si raggiunge imparando delle regole, seguendo dei concetti o studiando una metodologia. L’insight è l’origine di regole nuove che integrano o addirittura soppiantano il vecchio. Il genio è creativo, non tiene conto delle routines consolidate e origina novità che saranno le routines del futuro.
In terzo luogo, l’insight è una funzione non di circostanze esterne ma di condizioni interiori. Tanti hanno frequentato i bagni di Siracusa senza arrivare a cogliere i principi dell’idrostatica, ma chi non si è bagnato senza sentire l’acqua, senza trovarla calda, fredda o tiepida? C’è una strana differenza tra insight e sensazione: il verificarsi e il contenuto della sensazione è in una correlazione immediata con le circostanze esterne. L’insight dipende da doti personali, orientamento abituale, da un perpetuo essere all’erta che chiede costantemente la piccola domanda: ‘Perché?’. L’insight dipende da una accurata presentazione di problemi definiti. Se Gerone non avesse posto la questione ad Archimede, e se Archimede non ci avesse pensato profondamente, i bagni di Siracusa non sarebbero stati più famosi di tanti altri bagni.
In quarto luogo, l’insight è tra il concreto e l’astratto.
Il problema di Archimede era concreto, e la sua conclusione è stata concreta: aveva a che fare con pesare la corona nell’acqua. È un insight nel mondo concreto di percezione e immaginazione.
In quinto luogo, l’insight passa attraverso la conformazione abituale della mente, occorre dopo che una fissazione mentale viene rotta – “thinking outside the box”.
Prima che Archimede potesse risolvere il problema, ha avuto bisogno di un istante di ispirazione ma non ha più avuto bisogno di ulteriori istanti di ispirazione quando andò a offrire la soluzione al re. Quello che un momento prima era un problema insolubile poi è diventato incredibilmente semplice e ovvio.
All’inizio c’è un periodo di oscurità nel quale si cerca a tentoni nell’incertezza, nel quale non si riesce a cogliere dove sia il problema e poi, solo gradualmente, si inizia a ‘capire’. L’oscurità iniziale cede il passo a un periodo successivo di luce che aumenta, di interesse, di fiducia, di assorbimento.
“Stavo curiosando tra i libri della Stanford Public Library e, nel lasso di tempo di un’ora, ho fatto l’esperienza di uno di quei momenti meravigliosi che ognuno di noi ha durante le nostre vite quando ci sentiamo improvvisamente illuminati da una comprensione istantanea. In un flash, compresi chi ero e perché avevo fatto le cose che avevo fatto, cose che a quel tempo erano incomprensibili. Le ho accettate e ho ritrovato fiducia nella mia autenticità.”
Ned Herrmann, autore di ‘The Creative Brain”, McGraw-Hill, NY, US, 1989
“I grandi problemi vengono risolti dall’essere ridotti in problemi più piccoli. I colpi di genio, o insights, non sono altro che il risultato di un’abitudine continua a investigare che afferra chiaramente e distintamente tutto ciò che è coinvolto nelle cose semplici che tutti possono comprendere.”
Bernard Lonergan, autore di ‘Insight: A Study of Human Undestanding’, Toronto, ONT, Canada,1992
La gerarchia dell’insight
Le scoperte del neuro-imaging
Questi studi indicano schemi distinti di processing cognitivo e coinvolgimento emisferico per il riconoscere soluzioni, con insight e senza insight. Si Sono osservate due correlazioni neurali all’insight: un aumento di segnale nella circonvoluzione temporale occipitale anteriore destra, con un improvviso aumento di frequenze alte (banda gamma), preceduta da un aumento nella potenza della frequenza alfa e diminuzione di attività neurale sopra la corteccia visiva destra. Questi effetti non sono attribuibili a risposte emotive perché l’attività neuronale ha preceduto lo scoprire la soluzione da parte degli individui testati. Si è concluso che gli individui, che giungono alla soluzione di un problema, all’improvviso cambiano il focus dei loro sforzi poco prima che l’insight sopraggiunga, facendo in modo che una informazione di soluzione, che connette i vari elementi del problema, emerga all’improvviso alla coscienza. Dove alcuni aspetti cognitivi coinvolgono maggiormente un continuo processing, con l’insight alcune informazioni vengono trasmesse da uno stadio all’altro. Come tale, l’insight è simile a un vasto dominio cognitivo che include percezione e processing del linguaggio (es. metafore, barzellette, favole). ll flash improvviso dell’insight accade quando i processi neuronali e cognitivi distinti vengono stimolati insieme.
Beerman e Bowden[1] hanno scoperto che l’iniziale elaborazione riguardante la soluzione è attiva in entrambi gli emisferi ma svanisce più in fretta nell’emisfero sinistro a causa di un sottile focus semantico di interpretazione fuorviante di una delle parole test, mentre rimane persistentemente attivo nell’emisfero destro dovuto a un’ampia attivazione semantica. Comunque questa attivazione nell’emisfero destro molto raramente raggiunge il livello della consapevolezza perché è debole, diffusa e probabilmente soppressa dall’elaborazione più forte, anche se ingannevole, dell’emisfero sinistro.
Spesso c’è un’attivazione della corteccia parietale posteriore destra prima dell’insight che può essere associata con soluzioni inconsce dell’elaborazione. Questa frequenza alfa molto forte viene osservata nell’area temporale destra poco prima della presentazione di indizi e indica un’inibizione della area temporale destra, che viene associata alla integrazione di informazioni semantiche o lessicali distanti. Abbiamo anche notato una banda di frequenza theta che può essere associata con l’aumentare della ricerca nello spazio memoria per una soluzione possibile.
Lo sviluppo dell’insight in una relazione di counseling
Carl R.Rogers[2]
Tratto da ‘The Journal of Consulting Psychology”, 1944, Vol.VIII, No. 6, Nov-Dec, 331-341
Relazione offerta alla National Conference of Social Work, Cleveland, Ohio, US, May 24, 1944, al programma pianificato dalla American Association for Applied Psychology.
” Quando si ha a che fare con clienti adolescenti e adulti, una delle domande con le quali si deve confrontare l’operatore – che sia psicologo, psichiatra, o counselor – è:’ Come può questo individuo giungere ad una reale comprensione di se stesso?’ È riconosciuto che una volta che un individuo comprende genuinamente il suo comportamento, e accetta questa comprensione, è in grado di adottare un controllo più realistico e soddisfacente delle sue azioni, e molto probabilmente è in grado di non ferire gli altri per avere delle gratificazioni, e in generale può diventare più maturo. Ma come si raggiunge questa meta?
Chiamiamo abitualmente questa comprensione del sé insight. Generalmente siamo in accordo che il raggiungimento dell’insight è la chiave di volta del processo terapeutico. Sia che si abbia a che fare con uno studente disadattato, o con un matrimonio che sta scivolando verso il fallimento, o una nevrosi da guerra, gli ingredienti essenziali dell’esperienza terapeutica sembrano essere gli stessi. Per prima c’è l’esperienza del rilascio – lo sfogo di sensazioni, lo sciogliersi di repressioni, l’alleggerirsi di sensi di colpa, il diminuire delle tensioni. In seguito, se occorre fare progressi, c’è la comprensione del se, l’accettazione dei propri impulsi, la percezione delle relazioni, che classifichiamo con il termine insight. Poi, da questa visione più accurata della vita interiore, da questa nuova comprensione della rete delle modifiche personali, arrivano nuovi piani, nuove scelte, nuovi e più soddisfacenti modi di incontrare le realtà con le quali un individuo si deve confrontare. Mentre ognuno di questi passi è essenziale, e nessuno può accadere senza l’altro, il passo di mezzo, il raggiungimento dell’insight, è cruciale e merita molta più attenzione di quella che ha ricevuto in passato.
Nel counseling e nella ricerca sul counseling che viene portata avanti
alla Ohio State, stiamo gradualmente accumulando più informazioni su questo aspetto importante della psicoterapia. Stiamo scoprendo che le relazioni di counseling governate da un punto di vista non-direttivo, gli insights significativi si sviluppano con una spontaneità e un vigore che sono stupefacenti. Siamo sempre più convinti, anche se l’evidenza della ricerca è ancora scarsa, che questo insight spontaneo non è una caratteristica di altri approcci di counseling. Pensiamo che le procedure direttive che sono caratteristiche di tanta assistenza educazionale non producono insight di questa qualità. L’evidenza ci potrebbe alla conclusione che l’insight spontaneo è un accadimento raro all’interno degli approcci più interpretativi come la psicoanalisi. Di conseguenza, sembra valere la pena di presentare esempi e evidenza di ricerca riguardanti il raggiungimento della auto-comprensione.
L’insight, come è, in via di definizione attraverso la nostra esperienza pratica e le scoperte della ricerca, implica elementi come:
- una accettazione dei propri impulsi e attitudini, buoni o cattivi che siano, includendo anche attitudini che sono state represse nel passato;
- una comprensione dei propri schemi comportamentali, la percezione di nuove relazioni;
- una percezione fresca della realtà resa possibile dalla accettazione e comprensione del se;
- il progettare modi nuovi e più soddisfacenti all’interno dei quali il sè può conciliarsi con la realtà.
Insight, vipassana e meditazione
Vipassanā è un termine Pāli che ha il prefisso Sanscrito “vi-”e la radice verbale “paś” Viene spesso tradotto come ‘insight’ o ‘visione chiara’, anche se il prefisso “in-” può essere fuorviante: “vi” nelle lingue Indo- Ariane è equivalente al Latino “dis”. Il ”vi” in Vipassanā può significare quindi ‘vedere dentro’, ‘vedere attraverso’ o ‘vedere in un modo speciale’. altrimenti il “vi” può funzionare come un intensivo, e quindi Vipassanā può significare ‘ vedere profondamente’.
Un sinonimo per Vipassanā è “paccakkha” ( Pāli; Sanscrito: “pratyaksa”), “davanti agli occhi”, che si riferisce alla percezione esperienziale diretta. Il tipo di visione denotato da Vipassanā è quello della percezione diretta, opposto alla conoscenza derivata dal ragionare e dall’argomentare.
In Tibetano Vipashyana è “lhanthong”. il termine “lhag” significa ‘più alto’, ‘superiore’, ‘più grande; il termine “thong” è ‘vista’ o ‘vedere’. Così lhanthong può essere tradotto come ‘il vedere superiore’, ‘la grande visione’ o ‘la saggezza suprema’. Questo può essere interpretato come ‘una maniera superiore di vedere’, e anche ‘un vedere ciò che è la natura essenziale’. La sua natura è lucidità e chiarezza della mente.
Henepola Gunaratana, monaco buddista Theravada, ha definito Vipassanā come:” Guardare un qualcosa con chiarezza e precisione, vedendo ogni componente come distinto e separato, forando attraverso tutto in modo da percepire la realtà più fondamentale delle cose”.
Vipassanā (Pāli) or vipaśyanā (!वप$यना, Sanskrit, Chn. 觀 guān;Tib. !ག་ མཐོང་), nella tradizione buddista significa ‘insight nella vera natura delle cose’. Vipassanā è una delle tecniche di meditazione più antiche del mondo introdotta da Gautama Buddha, e spesso viene chiamata la ‘ insight meditation’. Spesso è uno dei due poli della meditazione buddista: l’altro polo è ‘Samatha’. Samatha è una preparazione per
Vipassanā, pacifica la mente e rafforza la focalizzazione così da permettere il lavoro dell’insight. Nella pratica buddista si dice , mentre Samatha può calmare la mente, solo l’insight può rivelare come la mente sia disturbata. Ciò porta a “prajñā (Pāli: “paññā, saggezza) e jñāna (Pāli: ñāṇa, conoscenza).
A.H. Almaas[3]
“Proviamo a identificare che cosa sia questa cosa, se c’è un qualcosa nei momenti di insight che vi da quella convinzione, quella certezza; un qualcosa che fa in modo che l’insight abbia più verità di una percezione ordinaria del vostro stato. Nell’esperienza dell’insight sembra essere presente un senso di libertà che nell’esperienza di percezione ordinaria del vostro stato, vero? Non sentite anche un senso di espansione, di elevazione, un senso di soddisfazione? Generalmente un insight consta di due cose: il contenuto dell’insight e un qualcosa d’altro: l’energia presente nell’insight che vi offre un senso di certezza e di espansione. L’insight porta un tipo intimo di vicinanza con voi stessi.”
A.H.Almaas, tratto da “The Diamond Heart Book IV: Undestructable Innocence”, Shamballa Publications, Boston, MA, US, 2000
Osho[4]
“La meditazione è un insight. La meditazione arriva quando hai guardato in tutte le ragioni e hai trovato che mancava qualcosa, quando sei passato attraverso tutte le ragioni e ne hai visto la falsità. hai visto che tutte le ragioni non ti portano da nessuna parte, che continui a girare in cerchio, rimanendo lo stesso. Le ragioni ti guidano, e ti portano alla pazzia, creando nuovi desideri, ma niente viene mai conquistato. Quando hai visto questo, quando hai guardato nella tua vita e hai visto i fallimenti delle ragioni…Nessun motivo hai mai avuto successo, nessuna ragione ha mai portato benedizioni a nessuno. Le ragioni promettono e basta. Una ragione fallisce e un’altra ragione arriva con una nuova promessa…e tu vieni ingannato un’altra volta. Poi un giorno diventi consapevole all’improvviso, all’improvviso vedi, e questo vedere è l’inizio della meditazione. Non ci sono ragioni nella meditazione. Se sei in meditazione per qualcosa, allora ti stai concentrando, non stai meditando. Allora sei ancora nel mondo – la tua mente è ancora interessata nelle cose triviali e a buon mercato. Allora sei mondano. Anche se mediti per raggiungere il nirvana, sei mondano – perché la meditazione non ha mete. la meditazione è un insight che tutte le mete sono false. La meditazione è la comprensione che i desideri non portano da nessuna parte.”
Tratto da “ The Orange Book of Meditation”, Rajneesh Foundation Europe, 1983
Estratto da una seduta di counseling
Il cliente è una donna di mezza età.
Cliente: È un momento nel quale ho difficoltà con il lavoro. Non sono chiara. E’ un momento di transizione e vedo confusione. Non ho niente che arrivi dall’esterno. Il lavoro non va bene. Ho abbassato i prezzi..ma mi dispiace..mi sento di svendere.
Counselor: Senti di svendere.
Cliente: Sento di svendere una qualità e mi sono messa al livello di tutti gli altri. Sono stufa di vivere così. Tanta, troppa fatica. Ma questo posto è anche l’unica cosa che ho ( respira come se le mancasse l’aria), questo posto mi ha protetto.
Counselor: Mhm.
Cliente: Mi viene da piangere.
Counselor: Senti che ti viene da piangere.
Cliente: Si, piango…non sono brava abbastanza…(piange)..non sono stata capace di usare al meglio questo posto…è forte…ho un fallimento dentro.
Counselor: Mhm.
Cliente: (piangendo) Mi è difficile lasciare andare il fallimento. Non so quale strada prendere (si soffia il naso) …non mi sono mai sentita così.
Counselor: Non ti sei mai sentita così.
Cliente: Si, mi sento fallita, non riesco a far di meglio. Svendo…fallisco e mi do la colpa e mi accuso. Ma se mi guardo dentro in realtà voglio fare un qualcosa d’altro.
Counselor: Si, vuoi fare un qualcosa d’altro.
Cliente: Mi ci vuole del tempo per fare un qualcosa d’altro. Tiro avanti per un po’ così come è e… mi sento sminuita però….(silenzio). Una sensazione di essere nel vuoto…ok, vado avanti, magari è solo un momento. Ma è frustrante.
Counselor: È un momento frustrante.
Cliente: Si, ho messo tanta energia qui, ci ho messo il meglio di me ma se non sono furba e sgamata non funziona. Io non sono brava a promuovermi…e….
Counselor: Senti che devi essere tu a imparare a essere furba e sgamata.
Cliente: Non è nella mia natura. Ma adesso devo tirare fuori le armi. Mi sento disarmata. (piange)
Counselor: Ti senti disarmata.
Cliente: Si. Dovrei avere una modalità che il mondo usa ma non sono capace. Oh, non sapevo che avrei pianto così tanto…ma è così. Io da sola non ce la faccio più, ma non so a chi chiedere aiuto. E comunque sono stufa di vivere qui, è troppo duro. Non avevo mai provato questa sensazione prima. Prima c’era un filo conduttore, adesso non lo trovo più. Ho due dualità dentro. (sorride) Che casino!
Counselor: Non sai se restare e non ce la fai più a mettere energia da sola.
Cliente: Esatto! E io ci metto energia tutti i giorni, è che il tutto è molto strano. Ce l’ho fatta da sola per dieci anni!!!!!
Counselor: Mhm.
Cliente: Voglio uscire di qui e fare, ma mi spaventa perché fuori di qui non c’è niente. Mi sento un po’ persa, non trovo la matassa.
Counselor: Non trovi il modo di dipanare la matassa.
Cliente: Si, ma non so come farlo. E’ un momento forte, senza chiarezza. E ci sono anche le paure. Non sono abbastanza forte e razionale. Sono stata forte. No! Lo sono tuttora (il viso si illumina e ride). Certo che lo sono! Ma mi piacerebbe sapere quale è la direzione per me adesso.
Counselor: Ah.
Cliente: Voglio andare verso questo nuovo lavoro con la gente, ma non so come arrivarci. No! Non è vero! È già dentro di me! Lo so! Lo sento! Si, comincio a sentire una direzione adesso. (piange) Non riesco ancora a rilassarmi ma sono forte e ho una direzione. Oddio quanto piango! (piangendo). Mi sento anche angosciata. È la prima volta che mi sento così sola davanti a un problema.
Counselor: Ah, è la prima volta che ti senti di essere sola davanti a un problema.
Cliente: Beh, non è vero! E’ successo altre volte e ce l’ho fatta sempre. È faticoso, faticosissimo. Ma so che ce la posso fare, anche se sono da sola anche questa volta. E sono molto sola. (silenzio)
Counselor: Mhm.
Cliente: (piangendo) Questo fa male, tanto male. Non ho amici-amici attorno. Oddio, quanto piango!
Counselor: Si, piangi.
Cliente: Io ci sono per gli altri con tutto il cuore, ma nessuno lo fa con me (il pianto aumenta). Quando sono io a avere bisogno, non c’è nessuno. Io appena posso dare un qualcosa, la do! Io comunque ho tanto dentro! Non sono un fallimento! E’ solo che c’é in atto un grande cambiamento e non so ancora come muovermi. Ma sono forte e non sono un fallimento. Counselor: Mi sembra di sentire che un qualcosa dentro di te si è risvegliato e vuole manifestarsi.
Cliente: SI!!!! È come se un qualcosa dentro è nato e io non so come crescerlo. È così nuovo! È quasi disarmante!
Counselor: Qualcosa di nuovo è nato dentro.
Cliente: Si, è vero. E voglio tagliare con il vecchio. Ma non so ancora come farlo.
Counselor: Mhm.
Cliente: Si, forse sono ancora un po’ piccola in certi aspetti ma posso cambiare. (sorride, il viso si rilassa e si illumina) Voglio mettermi in un posto dove qualcuno mi ‘caga’. Voglio sostanza.
Counselor: Vuoi sostanza.
Cliente: Si, voglio sostanza e sostegno perché io offro queste cose agli altri… Si !( risata aperta) E voglio anche essere più compassionevole con me stessa. Me lo merito. Sai una cosa? Non mi ricordo neanche l’ultima volta che ho chiesto aiuto! (espressione sorpresa)
Counselor: Ah, non ti ricordi.
Cliente: Beh…in realtà ho chiesto aiuto ieri era uno scambio però.
Counselor: Ieri hai chiesto aiuto.
Cliente: Anche al padre di mio figlio non chiedo mai aiuto. Cliente: Si, è vero, devo farlo. Ma non so se me lo dà.
Counselor: Sto solo suggerendo una possibilità.
Cliente: È vero! È umano chieder aiuto! Io invece fino adesso ho preso tutto su di me, mi sono sovraccaricata di tutto.
Counselor: Si.
Cliente: Adesso provo a mettere fuori il bisogno di aiuto, così mostro che sono forte ma anche vulnerabile. E se chiedo non perdo la mia forza… E’ che c’è tanta roba…
Counselor: C’è tanta roba sul fuoco.
Cliente: Si, è come se fosse un bbq con tanti cibi sopra e ognuno ha il suo tempo di cottura.
Counselor: Si, c’è tanta roba sul fuoco.
Cliente: Si, mi piace questa immagine (sorridendo), mi piace questa immagine di un grande bbq, come quelli australiani, con verdure, carne, pesce….ci sono tante cose sul fuoco, con tempi diversi di cottura e io devo spostare la mia attenzione su varie cose perché non voglio che qualcosa si bruci. Questa immagine del bbq mi rilassa!
Counselor: Si, c’è tanta roba sul fuoco.
Cliente: Eh, si! E tra un po’ sarà cotta. (un grande sorriso)
Il momento “aha!” – un insight nel nulla
Spesso quando un Momento di Satori accade, il nostro pensare si ferma e diventiamo intensamente presenti. Alcune volte c’è un’ondata di energia che spesso è percepita come un momento esilarante, o di ispirazione o di pace profonda. Certe volte dobbiamo muoverci fisicamente, correre o danzare o saltare. (Archimede, per cui il termine Eureka! è diventato famoso, si dice abbia corso per le strade di Siracusa, nudo, urlando Eureka! Eureka! Che significa: L’ho trovato! L’ho trovato!).Non tutti i momento di Satori sono così illustri. Infatti, la maggior parte sembrano essere piuttosto ordinari e hanno un scoppio di energia che quasi passa inosservato. Comunque, quando accade un momento “Aha!”, qualcosa dentro ha uno spostamento e la mente non ritorna più al suo stato originario.
Un insight improvviso. Un insight nel Nulla. Un momento “Aha!”.
Intravedere, magari per pochi momenti effimeri, che sono oltre la mente, nei quali la mente smette di funzionare e noi facciamo l’esperienza di una grande calma o di una sensazione di vuoto.
Roxy Iain MacNay, London, U
KFondatore dell’etichetta ‘Red Cherry Records’
Fondatore di ‘Conscious TV’
“Satori, in termini psicologici, è “un oltre” i confini dell’Io. Da un punto di vista logico è scorgere la sintesi dell’affermazione e della negazione. In termini metafisici è afferrare intuitivamente che l’essere è il divenire e il divenire è l’essere”
(Daisetz T.Suzuki, dall’introduzione del libero “Lo Zen e il tiro con l’arco”, Eugene Herrigel, Adelphi Edizioni, 1975)
Epifania, un modo altro di chiamare l’insight
“Le epifanie sono i momenti più delicati e evanescenti.”
James Joyce (scrittore e poeta, 1882-1941, Eire)
Le epifanie sono doni incredibili: rivelano la nostra saggezza più vasta e molte verità universali.
Epifania, dal graco ‘epiphaneia’, che significa straordinaria apparizione o manifestazione, è originariamente riferita a un insight attraverso il divino.
Epifania ha molti significati: ‘ una padronanza intuitiva della realtà’, una scoperta illuminante, una realizzazione o agnizione, una rivelazione, un insight, oppure semplicemente ‘ un momento di grande e improvvisa realizzazione riguardo alla vita sempre in cambiamento’.
In termini più generali la ‘epifania religiosa’ viene usata quando una persona realizza la sua fede o quando si convince che un evento o un accadimento sia stato causato da una divinità. Ad esempio, nell’Induismo una epifania potrebbe essere la realizzazione di Arjuna che Krishna (incarnazione di Dio che lo serve come auriga nella ‘Bhagavad Ghita’) rappresenti in realtà l’Universo. Il termine hindù per epifania sarebbe ‘Bodhodaya’, dal Sanscrito ‘Bodha’ che significa saggezza e ‘Udaya’ che significa crescente. Nel Buddismo, il termine si riferisce al Buddha che finalmente realizza la natura dell’universo, e quindi raggiunge il ‘nirvana’. Anche il termine Zen ‘Kensho’ descrive lo stesso momento, riferendosi all’assistere o alla realizzazione di un koan.
Un’epifania è una realizzazione, un’apertura, un portale verso il Divino. Accade quando la mente, il copro, il cuore e l’anima mettono a fuoco e vedono una cosa vecchia in un modo nuovo, con la meraviglia e la resilienza dello spirito umano.
Un’esplosione travolgente di luce che sembra possa cambiare la vita fino alle cellule del corpo.
Un’esperienza drammatica, cristallina, inzuppata di luce.
“La verità è dentro di noi, non le
occorre essere stimolata dalle cose esterne, anche se così pensi.
C’è un centro intimo in tutti noi
dove la Verità dimora in pienezza, e attorno, muro dopo muro, la carne crassa la accerchia.
Questa percezione chiara, perfetta – che è la Verità.
Una maglia carnale, sconcertante e snaturante
la avvolge, e fa tutti gli errori, e il conoscerla
consiste piuttosto nell’aprire un varco
dal quale lo splendore imprigionato possa fuggire
piuttosto che nel fare entrare della luce
che si crede non ci sia.”
Robert Browning (1812-1889, UK), tratto da “Paracelsus” (1835)
E adesso…immagina di cercare un diamante in una stanza molto grande e buia. Forse nella stanza c’è un interruttore per la luce, ma né il diamante né l’interruttore della luce sono messi dove si immagina possano essere.
Che fare?
Crediamo che le persone a cui si chiede di risolvere problemi da insight probabilmente si devono confrontare con la stessa incombenza. Nei problemi da insight, ‘l’interruttore della luce’ è un modo particolare di guardare il problema, una rappresentazione critica, che rende apparente la natura della soluzione. La maggior parte dei problemi da insight sono difficili perché il solutore è al buio riguardo alla rappresentazione critica. Diversamente dai problemi da routine, per i quali l’esperienza precedente è di solito molto utile per arrivare a una soluzione rapida, i problemi da insight hanno la proprietà secondo la quale l’esperienza precedente inganna piuttosto che aiutare. Nonostante questi ostacoli, la maggior parte delle persone sono in grado di risolvere i problemi da insight, in qualche modo, con gradi diversi di efficacia.
Crediamo che sia possibile raggiungere un insight all’interno del dominio
di un particolare problema. Anzi sosteniamo che il processo del raggiungimento di un insight possa essere visto come una ricerca, e che la performance sui problemi da insight possa essere predetta secondo la disponibilità delle fonti di ricerca.
Per sviluppare alcune intuizioni riguardo la nostra affermazione, prendi in considerazione alcune delle possibili azioni disponibili al nostro ricercatore di diamanti nella stanza buia. Un approccio potrebbe essere di esplorare la stanza a caso, sperando di andare a sbattere contro l’interruttore della luce o il diamante. Analogamente, la chance sembra aver avuto un ruolo in un grande numero di insights scientifici (es. le scoperte dei raggi X, o la vulcanizzazione della gomma, o la penicillina). Comunque sia i diamanti che gli insights sarebbero ancora più rari se la loro scoperta dipendesse solo dalla chance.
Una strategia migliore sarebbe restringere la ricerca del diamante nell’area più promettente della stanza. Oppure si potrebbe cercare l’interruttore della luce piuttosto del diamante, ragionando che l’interruttore della luce dovrebbe essere più facile da trovare e che la luce renderebbe visibile il luogo dove è il diamante.
Entrambi gli approcci riconoscono che la grandezza della stanza ma cercano di sfruttare al massimo le chances di trovare il diamante limitando o guidando la ricerca. Allo stesso modo, non crediamo che si possano risolvere i problemi da insight limitando la ricerca.
Comprendere un insight ha a che fare con il comprendere i modi con i quali le persone limitano la propria ricerca.
[1] fonte: Bowden, Jung-Beerman, Flack & Kounious, Trends in Cognitive Science, vol.9 no.7, 2005, New Orleans, LA, US
[2] Carl Ransom Rogers (8 gennaio 1902, Oak Park, IL – 4 febbraio 1987, La Jolla, CA, US) è stato uno psicologo statunitense, fondatore della Psicoterapia Centrata sulla Persona inizialmente definita terapia non direttiva e noto per i suoi studi sul Counseling e la psicoterapia all’interno della corrente umanistica della psicologia.
[3] A.H.Almaas, pseudonimo di Abdul Hameed Al Ali, (nato in Kuwait nel 1944) è un autore e un insegnante spirituale che scrive e insegna un approccio allo sviluppo spirituale, con riferimento alla psicologia e alla terapia moderne, chiamato “The Diamond Approach. E’ il capo spirituale della Ridhwan School, Boulder, CO, US.
[4] Osho, mai nato, mai morto. Ha solo visitato il pianeta Terra tra l’11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990.