La Tecnologia Spirituale

Sembra utile, ai fini di una migliore comprensione di tutti gli argomenti trattati in seguito, discorrere, in questa prima parte, di quali siano state le tappe fondamentali che hanno portato a una conoscenza così diversa, eppure così antica. Una conoscenza del tutto nuova ma permeata di stilemi e archetipi antichi, quanto la stessa esistenza umana.

Il nuovo, anche quando è nuovo nel modo più assoluto, scaturisce sempre e comunque dal vecchio, in particolare quando ci si vuole allontanare il più possibile dal conosciuto.

È, dunque, bene evitare di prescindere dal vecchio, poiché è tanto radicato nella memoria umana, da tornare, inesorabile, a porre l’accento sulla consequenzialità del tutto.

Opporsi a ciò che è già stato, significa opporsi a una parte di se stessi. Partire da ciò che è stato, per elaborare il nuovo, è evolvere se stessi.

Tale evoluzione, è possibile grazie a chiunque abbia contribuito a ciò, e chi è venuto dopo, è avvantaggiato da chi è venuto prima. Anche quando si scopre che qualche volta la conoscenza di chi è venuto prima, era superiore a quella successiva, quanto detto, resta valido.

Anche in chi non ne ha mai avuto accesso consapevole, la conoscenza esiste.

Dormiente, sopita, lontana, tuttavia concreta e facilmente raggiungibile, esiste in essi, perché tramandata da chi è venuto prima.

1.   L’ALTRA REALTÀ

Non ho mai saputo, con precisione, quando sia cominciato il mio percorso di ricerca ma, ogni volta che ci penso, mi rendo conto che qualsiasi cosa io abbia fatto nella mia vita mi ha portato verso questa.

Fin da bambina avevo assoluta certezza che quella che vivevo quotidianamente non fosse la Vera Vita, così la chiamavo allora. Mi capitava spesso di vivere in quell’altra realtà una materialità talmente convincente da essere più vera della vita. Non so più spiegarlo molto bene, ma allora mi era molto chiaro; oggi, con parole da adulta, direi che percepivo un mondo parallelo. Vivevo il quel mondo e anche in questo, comprendendone le differenze. Non so se fosse il mondo immaginario tipico dei bambini, e, a dire il vero, a oggi non so neanche quanto d’immaginario o reale vi sia nel mondo dei bambini; essi non si pongono il problema, vivono e basta.

Certo è che quel mondo non è mai finito per me; continua.

Adolescente, ebbi un brusco “risveglio”. Le mie compagne mi accusarono di essere troppo diversa, allora mi adattai. Creai per me due mondi separati e distinti: l’uno esterno, fatto di quotidianità, d’interessi da ragazzina, di cantanti famosi, di squadre del cuore; l’altro interiore, fatto di letture, luoghi, emozioni, sentimenti, vite, paesaggi e tempi sconosciuti, ma stranamente, a me connaturali.

Fin da allora le mie letture preferite sono i romanzi storici; mi affascina conoscere la vita quotidiana della gente durante l’arco dei secoli e delle civiltà. Un genere letterario che scoprii casualmente (ora so che non esiste la casualità), quando a dodici anni, dopo aver letto tutti libri per bambini, presenti in casa, m’imbattei nel romanzo Guerra e Pace di Tolstoj. Fu un amore fulminante, quel libro aprì i miei occhi su ciò che cercavo: la storia raccontata da una prospettiva diversa.

Opporsi a ciò che è già stato, significa opporsi a una parte di se stessi. Partire da ciò che è stato, per elaborare il nuovo, è evolvere se stessi.

Appresi che, così come immaginavo, tutto, nella realtà, può avere interpretazioni diverse; non ho mai dimenticato quella lezione. Ho continuato a vedere tutto da varie prospettive. Quell’opera era ciò che mi serviva, rappresentava per me la consacrazione “scientifica” che mi consentiva di continuare a coltivare la diversa oggettività che avevo, naturalmente, intuito.

In seguito, le biografie dei grandi personaggi storici mi hanno aiutato a comprendere, da sola, l’altra faccia della loro realtà, diversa da quella raccontata nei libri di storia. Ho intuito la magia della loro “grandezza”, e la sete di vita -spesso di distruzione- che li ha mossi.

Immancabilmente m’imbattevo nella realtà che mi mostrava, costante: la verità non è mai una sola. Leggendo con attenzione, scoprivo, per esempio, che Alessandro Magno, celebrato in occidente come il grande conquistatore e degno rappresentante di quella passione umana che brucia la vita all’inseguimento di un sogno, fu, e rimane, per i popoli del Centro Asia, Iscandro il Terribile, che portò morte e distruzione e irrorò di sangue una terra antica di sapere e memorie.

Due verità, un unico uomo.

Andavo avanti alla ricerca della realtà, mantenendo separate le mie due “vite”; facevo studi classici nella mia quotidianità, e ritagliavo tempo per l’altra vita, in cui le letture si erano man mano trasformate in veri e propri studi paralleli incentrati su alcuni filoni principali: l’antico Egitto, le vecchie religioni europee, tutto ciò che riguardava l’altra verità sulla vita di Gesù, e le antiche conoscenze sciamaniche dell’Asia centrale.

Interessi disparati, mi sembrava a quei tempi, un unico grande cammino, comprendo ora.

Nel mio piccolo paese gli anni del liceo trascorsero tranquilli, tra letture e studi. Non vi furono particolari turbamenti in quegli anni, né in quelli successivi quando mi trasferii a Firenze per completare gli studi. Le mie due vite continuavano a scorrere parallele e molto vivaci; mi sentivo al centro del mondo e imparai moltissimo, soprattutto dalle persone che incontrai. Una volta laureata decisi di tornare in Sardegna per svolgere la libera professione come architetto. Sentivo che, nonostante il mio amore per Paesi lontani, era in quella terra che volevo fare qualcosa, anche se non sapevo esattamente cosa.

Svolgere la libera professione, è sempre stato di fondamentale importanza per me. Sono contraria per natura a ogni cosa che dia l’idea di mancanza di libertà. Questa scelta professionale mi appagava molto dal punto di vista creativo e, contemporaneamente, mi lasciava tempo per vivere l’altra realtà fatta di libri, viaggi, ricerca continua…

Riuscivo a destreggiarmi bene tra le due realtà, e, anzi, ero andata avanti fino a spingermi a formulare, in modo embrionale, una mia teoria. Partendo dal presupposto scientifico che tutto ciò, che viviamo nella quotidianità è creato della mente, (ed io che “conoscevo” l’altra realtà, potevo ben dirlo), ero giunta, per deduzione, ad affermare che anche il malessere non sia reale, ma sia, anch’esso, una creazione convenzionale della mente. Ero certa che, una volta liberato da tali convinzioni, chiunque avrebbe vissuto senza male.

C’era e c’è una ragione ben precisa, per cui la mia attenzione si andava a focalizzare sul malessere e i possibili metodi per allontanarlo dalla quotidianità; la ragione è che fin da prima della mia nascita, mia madre è stata definita “in pericolo di vita” dalla scienza medica. La mia vita è, dunque, una continua corsa contro il tempo. Oggi, grazie alla conoscenza acquisita, ho fatto della mia velocità una virtù, determinando la direzione in cui si è evoluta la mia ricerca.

Non ho mai saputo, con precisione, quando sia cominciato il mio percorso di ricerca ma, ogni volta che ci penso, mi rendo conto che qualsiasi cosa io abbia fatto nella mia vita mi ha portato verso questa.

Ho imparato come sia possibile trasformare qualsiasi cosa, anche le “disarmonie”, in qualcosa di utile per sé e per gli altri.

Questa era allora la mia teoria, ma, poiché formulata nell’altra realtà, la tenevo ben lontana dalla vita quotidiana e, soprattutto, mi guardavo bene dal parlarne con chicchessia. Nonostante tutto, però, ero molto attenta a percepire i segnali esterni. Un giorno capitò di leggere un volantino, e mi soffermai su una frase dalla quale si arguiva che vi erano studi scientifici che confermavano una stretta interdipendenza tra il malessere fisica e il cervello. Sembrava che tali studi avessero portato alla conclusione che, qualsiasi tipo d’infermità, sia determinato da meccanismi del cervello, che, tra le varie risposte a condizionamenti esterni, prevedrebbe appunto anche il malessere.

Ebbi una reazione di gioia istantanea. Compresi di non essere matta, poi sorrisi al pensiero che, forse lo ero comunque e l’unica differenza era nel fatto che ci fossero altri matti come me.

Decisi, dunque, di approfondire la strana teoria, studiando il comportamento del cervello e mettendolo in correlazione con l’intorno, inteso, non solo come ambiente presente, ma anche in quanto eredità del passato.

In quegli anni appresi tantissimo.

Confermai l’importanza di osservare la realtà da altre prospettive e imparai a conoscere le cosiddette memorie biologiche che portano gli esseri umani a vivere una vita che non è completamente la loro. Memorie trasmesse da una generazione all’altra che spingono ad agire secondo schemi prestabiliti per i quali ci sono risposte predeterminate, quindi automatiche, delle quali non si ha consapevolezza. Appresi che il malessere, i comportamenti, gli eventi, le coincidenze, altro non sono che una grande trama di ritmi e cicli all’interno dei quali il genere umano si muove, da sempre. Trovavo facilità nei rapporti di causa ed effetto, e mi divertiva, una volta osservato il sintomo evidente, risalire alla causa scatenante. Tutto era semplice, quasi meccanico, e il cervello umano appariva come un ingranaggio del quale conoscevo ogni parte e di cui ero in grado di prevedere la reazione a un determinato stimolo. Giunsi a conoscenza delle mie paure, causa dei meccanismi di risposta per il mio cervello e del mio comportamento; infine imparai la maestria della mia vita.

Alla fine, mi sentivo una persona nuova, in grado di affrontare il tratto di strada successivo. Avevo imparato a “leggere” le persone con la semplice osservazione di ciò che della loro vita appariva esternamente: la forma del corpo, le movenze, le abitudini, la voce, il modo di parlare, la macchina, la casa o la trasmissione preferita … insomma, a leggere quelli che, con termine tecnico, sono detti i “manifestati” delle persone, e a padroneggiare le tecniche che aiutano nella soluzione dei meccanismi innescati dalle paure.

Appresi anche un’altra cosa, e cioè che il meccanismo di base, innescato dal cervello e che porta al malessere, a qualsiasi livello esso si manifesti, può essere modificato ma non rimosso in modo definitivo. Si può imparare a individuare il motivo alla base di un malessere e risolverlo nel minor tempo possibile, ma non si può cambiare il meccanismo che s’innesca per quel motivo, perché è strutturale; fa cioè parte della struttura stessa del cervello.

Ero contenta della grande conoscenza acquisita, ma il fatto che non si potesse cambiare la struttura, mi faceva apparire il cervello, una macchina i cui ingranaggi metallici lo rendono rigido e inadeguato all’evoluzione…

Questo mi suonava strano, tuttavia, pensando che facesse parte dell’altra mia vita, che continuavo a tenere separata dalla quotidianità, non badavo a tale stranezza. Del resto ero un architetto che si dilettava di saperne di più sulla vita e di osservare cose diverse solo per crescita personale.

Nonostante cercassi giustificazioni per evitare di occuparmi di approfondire questa conoscenza, mi rendevo conto che avevo imparato a ragionare in maniera diversa anche nella quotidianità e sentivo che le mie due realtà si stavano avvicinando molto più velocemente di quanto non immaginassi.

Oggi so che avevo attivato un meccanismo energetico talmente forte che solo la mia incoscienza di allora poteva pensare di riuscire a tenere separata da esso anche solo una piccola parte di ciò che mi circondava. Non ero consapevole, ma in ogni aspetto della mia vita avevo cominciato a farmi domande dirette e a cercare la risposta più immediata, superando spesso le barriere del pensiero razionale.

In tal modo ero giunta a una certezza: nella mia esistenza aspiravo a fare evoluzione in ogni singolo aspetto di me stessa. Non sapevo ancora come avrei applicato tutto questo a tutti i settori della mia vita, ma intuivo che ne avrei trovato il modo. Stavo cominciando a entrare nell’ordine d’idee secondo cui le mie due realtà forse non erano poi così separate e distinte.

Proprio mentre comprendevo il bisogno di riportare all’unità le mie due realtà, feci qualcosa d’istintivo, che lì per lì non compresi appieno: dopo aver ringraziato l’Universo per l’opportunità, datami dallo studio di queste tecniche, decisi che dovevo intraprendere un nuovo percorso, del tutto diverso. Non sapevo bene perché l’avessi fatto, ma intuivo che avevo bisogno di cercare altro.

I miei studi procedettero in una maniera apparentemente disordinata: i manuali di anatomia umana e i trattati di fisica classica, si alternavano alle scoperte di scienziati che, di volta in volta, definivano la propria disciplina nuova medicina, nuova genetica, nuova scienza… come a rilevare la distanza dalla scienza classica. E ancora: trattati di preghiera, teorie sciamaniche, bio–geologia, miti e leggende celtiche, archeo-astronomia… Tutto si addensava nella mia mente e gli appunti prendevano vita dalle pagine accumulate sulla mia scrivania. Non m’interessava l’estrema diversità con cui i concetti erano spiegati, poiché mi rendevo conto che tutte le conoscenze che acquisivo, mi trasportavano nella direzione certa dell’esistenza di una realtà, molto più ampia e articolata di quanto gli esseri umani di questo tempo storico siano abituati a pensare.

Infine trovai il minimo comune denominatore che univa quegli studi all’apparenza così disparati; tutte le teorie, le tecniche, le scienze, le meditazioni… andavano a convergere verso un unico punto focale: tutto è un unico cammino.

Avevo la certezza, sempre confermata da nuove scoperte, che tutto fosse Uno. Non è mai venuta meno in me, e da tale certezza ho tratto i massimi benefici poiché mi pone in una situazione di leggerezza permettendomi di prendere e di apprendere da tutto.

A un certo punto, però, mi fermai.

Dopo sei anni di studi e di ricerche, ero costretta a fermarmi poiché trovavo in tutte le discipline, un particolare punto comune, un assioma che, dal mio punto di vista, non dava possibilità di sblocco.

Ogni scienza, teoria, disciplina di qualsiasi tipo sembrava trovare un’unica soluzione possibile al fine del benessere degli esseri umani; tale soluzione può essere riassunta nella frase “prestare la massima attenzione”. Significava, una volta individuata la causa del malessere umano (si trattasse di angoscia, mancanza di armonia, ansia, mal di vivere, tristezza, povertà o altro ancora) che da essa non si potesse prescindere. La causa del malessere, che più semplicemente è definita “disarmonia”, secondo la maggior parte delle teorie non può scomparire, poiché, inesorabilmente, si ripresenterà ancora e ancora nella vita della persona. L’unica soluzione di tutte le discipline – nuove o vecchie – è “prestare attenzione”, individuare cioè la disarmonia al suo insorgere, e far sì che duri il minor tempo possibile, intervenendo in vario modo per porvi riparo immediato.

Questo trovavo ovunque come soluzione, sia si trattasse di scienze “nuove” sia di antichi testi.

Le norme indicate per tenere a bada la disarmonia, sono un po’ diverse, e, secondo la disciplina che si prende in considerazione, si tratta di meditazione, preghiera, semplice osservazione attenta e consapevole del mondo che ci circonda, oppure di lotta vera e propria come in alcune tradizioni sciamaniche…

Di là delle differenti soluzioni indicate per l’abbassamento della soglia di disarmonia, il minimo comune denominatore che unisce queste discipline resta che gli esseri umani devono avere a che fare con la propria disarmonia durante tutto il corso della vita sulla Terra.

Essi, pur essendo nati con infinite potenzialità, sembrano in qualche modo destinati –per se stessi o per motivi determinati dai propri simili o dall’ambiente circostante, da credenze, convinzioni, tradizioni, memorie, apprese o ereditate- a tenersi sempre all’erta attivandosi continuamente al fine di opporre la minima resistenza e lasciarsi portare con dolcezza dalla corrente della vita.

Nel fare le dovute considerazioni, un forte senso di tristezza m’invadeva al pensiero di tale condizione umana, tuttavia sapevo di non poter fare niente per cambiare tutto ciò. Avevo, infatti, sufficiente conoscenza per comprendere che non è possibile interferire in alcun modo con l’altrui libero arbitrio. D’altro canto, sapevo con certezza che si può e si deve cambiare se stessi.

Si può imparare a individuare il motivo alla base di un malessere e risolverlo nel minor tempo possibile, ma non si può cambiare il meccanismo che s’innesca per quel motivo, perché è strutturale; fa cioè parte della struttura stessa del cervello.

Avevo fatto tesoro delle conoscenze su me stessa, sapevo quali erano i miei bisogni biologici, le mie strategie di sopravvivenza, il mio progetto – senso, il mio obiettivo di vita…Tutta la conoscenza acquisita, m’impediva di pensare in un’unica direzione e m’impediva altresì di prendere in considerazione, come unica, l’eventualità che voleva la mia vita trascorrere nel prestare la massima attenzione, meditare o altre cose simili…

Dalla meccanica quantistica avevo appreso che le soluzioni per ogni singolo evento sono infinite, e intuivo che questa potesse essere solo una delle soluzioni. Avevo, inoltre, la forte sensazione che tutti i metodi proposti per ottenere di tenere a bada la disarmonia fossero ottimi, ma che nessuno facesse per me, poiché miravano a ottenere una soluzione che non ritenevo valida per la mia personale scelta di vita. Immaginavo me stessa intenta a concentrare la mia attenzione per evitare di entrare nelle mie personali disarmonie. Mi vedevo concentrata a condurre una vita quotidiana piacevole, alla continua ricerca di equilibrio e armonia, in un estenuante slalom tra i paletti della vita stessa; in tal modo non avrei avuto tempo ed energie per fare altro.

Avevo altre cose in mente per me stessa.

Desideravo avere benessere a tutti i livelli sempre e costantemente, senza doverle ricercare e ricostruire ogni volta. Aspiravo a condurre la mia vita senza prestare la massima attenzione, libera dal continuo sforzo energetico di controllo della realtà circostante o di paura di poter perdere i benefici acquisiti a causa di una mia distrazione.

Il benessere a tutti i livelli doveva diventare un dato di fatto nella mia vita, acquisito in modo definitivo e sempre in naturale equilibrio. Ciò mi avrebbe consentito di andare avanti e dedicarmi a fare altro.

Ero e sono, infatti, convinta che l’obiettivo di ogni essere umano sia fare evoluzione, e che benessere, gioia, prosperità economica, relazione sentimentale, lavoro appagante… siano il punto di partenza e non quello d’arrivo per il suo cammino.

Presi la mia decisione: se non trovavo negli scritti e negli studi di altri ciò che cercavo, significava che questo genere di soluzione era un’esigenza mia, personale… perciò avrei dovuto trovarmela da sola.

Decisi di trovarla.

Avrei fatto intenzionalmente il salto quantico scegliendo di vivere la possibilità di libertà da qualsiasi contrapposizione; dunque l’equilibrio armonioso in tutti i settori della mia vita e a tutti i livelli.

Questa idea mi piaceva molto, soprattutto per due motivi: da un canto mi permetteva di risolvere quello che fino a quel momento sembrava essere un problema solo mio, e che perciò stesso nessun altro aveva interesse a risolvere, d’altro canto mi consentiva di applicarmi alla ricerca che mi stava appassionando sempre più.

Cominciai la ricerca che cambiò ulteriormente la mia vita. Il nuovo cammino aveva ormai acquisito un posto primario nella mia quotidianità. Per due anni smisi di svolgere la mia professione -che pure mi ha sempre appassionato e che continua a entusiasmarmi- e m’immersi nella nuova ricerca; totalmente. Dedicavo circa venti ore al giorno agli studi, e ne impiegavo altre quattro per dormire: nient’altro m’importava, solo la mia passione.

Si trattava, infatti, di passione allo stato puro, quella che, non rispondendo ad alcuna delle leggi e regole conosciute, assume il comportamento che ritiene più confacente a se stessa, raggiungendo spesso dei picchi totalizzanti come nel mio caso.

Che fosse passione, bellissima e fiammeggiante, totale e pura, viva e intima, ne ebbi la certezza quando, una volta trovato lo strumento che cercavo, l’armonia e l’equilibrio cominciarono a fluire in me, insieme alla nuova consapevolezza…

2.   IL SALTO QUANTICO

Avevo preso dunque la mia decisione: fare intenzionalmente il salto quantico.

A questo punto è indispensabile chiarire che cosa io intenda con tale definizione e, per farlo, aprirò una breve parentesi che illustri uno dei modi in cui si “manifesta” la realtà secondo la fisica quantistica.

Il quanto è il valore minimo definito e indivisibile di una grandezza fisica che può variare soltanto per multipli di tale valore. Si tratta della quantità minima di “materia” sufficiente per essere studiata in laboratorio. Secondo la fisica quantica, la realtà tutta – se osservata nella sua “manifestazione” sotto forma di particelle e non di onde – è fatta d’infinità di quanti di luce, che sono detti fotoni.

I quanti di luce creano dunque la realtà.

Immaginate di osservare una sequenza di tali punti luminosi che si susseguono uno dietro l’altro creando dei sottilissimi fili. Su ognuno di tali fili esistono delle possibilità differenti di vita, che sono appunto dette possibilità quantiche. La realtà è data dunque da infinite scie di fotoni, che corrono come linee parallele portando ognuna una possibilità quantica.

Anche le possibilità quantiche sono dunque infinite. È questo il principio su cui si basa la teoria della fisica dei quanti. Secondo tale scienza, infatti, esistono possibilità multiple per ogni singolo evento, cioè per ogni specifica circostanza vi possono essere diversi risultati. Tali possibilità esistono già tutte realizzate su scie diverse di fotoni. Questo significa che ogni possibilità è già stata creata ed è presente nel nostro mondo, e che, se si vuole passare da un risultato a un altro, si può fare una sorta di salto di corsia, da una scia di fotoni a un’altra; tale spostamento è detto appunto salto quantico.

Ciò che io intendevo fare, era dunque questo: passare dalla scia di fotoni in cui la mia vita si era trovata fino a quel momento, -nella quale vivevo ormai con disagio a causa della presenza e del ripetersi ciclico delle mie disarmonie- sulla scia di fotoni in cui la mia vita fosse libera da qualsiasi disarmonia e da qualsiasi memoria cellulare ereditata o acquisita dall’esterno, dunque non mia.

Avevo ben chiara la linea di possibilità quantica che ricercavo e sulla quale avevo scelto di vivere. Cercavo, infatti, la scia di fotoni in cui vi è la possibilità di cambiare le informazioni cellulari; tale scia assomma in sé una serie di corollari, non ultimo la possibilità di cambiare tutte le informazioni.

Tutte, nessuna esclusa.

Questi ragionamenti mi rafforzavano nel proseguire la ricerca, anelando al raggiungimento dell’obiettivo nel più breve spazio di tempo lineare. Inutile ricordare che per mia natura sono portata ad accelerare, ogni qualvolta lo ritenga utile per me.

Nonostante il grande entusiasmo, mi sentivo una mosca che sbatte contro un vetro, proprio quando le sembra di intravedere la via d’uscita. Infatti, la scienza dei quanti non ha ancora trovato o, se l’ha fatto, non ha ancora spiegato e divulgato, il modo per fare il salto.

Fino ad ora ci si è affidati a una sorta di casualità, che a volte accade e altre no. Per esempio gli esseri umani hanno coniato il termine “fortuna”, per spiegare il salto quantico che a volte alcuni riescono a compiere. Una vincita multimilionaria può cambiare la vita delle persone, fino anche nei più piccoli dettagli della quotidianità. Può cambiare non solo il rapporto con i soldi, ma anche con lavoro, relazioni interpersonali etc.; a ben guardare, però, la fortuna è rappresentata come una dea bendata che, fugace e incostante, colpisce improvvisamente per poi, altrettanto improvvisamente, dileguarsi, dimostrando così la propria totale e assoluta “casualità”.

Anche un grave terremoto può cambiare la vita di una persona in modo radicale. Improvvisamente senza casa, beni e, talvolta, senza famiglia, l’individuo si trova a doversi inventare un nuovo modo di vivere. Poiché gli esseri umani sono portati a dare sempre giudizi, in tal caso si parlerà di tragedia.

Se si vede, però, dal punto di vista del profondo cambiamento, sia si tratti di una tragedia, sia di un colpo di fortuna, si può dire di avere fatto un salto quantico.

Per le scie di fotoni non esiste il concetto di bene o male, esse esistono e basta, e, affidandosi alla casualità, ci si troverà a camminare su alcune o su altre, non importa quali.

Il quanto è il valore minimo definito e indivisibile di una grandezza fisica che può variare soltanto per multipli di tale valore. Si tratta della quantità minima di “materia” sufficiente per essere studiata in laboratorio. Secondo la fisica quantica, la realtà tutta – se osservata nella sua “manifestazione” sotto forma di particelle e non di onde – è fatta d’infinità di quanti di luce, che sono detti fotoni.

Avevo deciso di cambiare la mia vita e di fare il salto quantico passando esattamente nella scia fotonica da me scelta, perciò dovevo trovare il modo da sola, evitando di affidarmi alla “casualità”. Da questo punto di vista, dire che la casualità non esiste, è un luogo comune. Infatti, dal punto di vista delle scie fotoniche, anche la casualità è una possibilità quantica, perciò si può decidere di viverla oppure no.

Avevo scelto di vivere diversamente, e sapevo che vi era la soluzione al come fare, la dovevo solo trovare. Partivo bene, perché sapevo cosa stavo cercando: il modo per cambiare la mia vita, quella di qua dal velo. Devo ammettere che avevo una possibilità in più per riuscire nella scoperta: la conoscenza di quell’altra realtà, dove ogni cosa mi era svelata in modo che potessi comprenderla con facilità.

Avevo anche un valido aiuto datomi da tutti gli strumenti che avevo imparato a utilizzare attraverso i miei studi. E poi l’impresa mi appassionava e questo è un altro elemento che può aiutare molto, in casi simili…Dunque cominciai.

Avevo avuto fin dall’inizio la forte intuizione che la soluzione a ciò che stavo cercando, fosse data dal punto d’intersezione tra la scienza, intesa nel senso letterale del termine, e ciò che io chiamo semplicemente Spiritualità.

Quando parlo di Spiritualità, mi riferisco a ciò che è intangibile agli esseri umani, poiché essi non possono percepire la sua esistenza attraverso i cinque sensi. La parte intangibile – si può dire sconosciuta, perché non manifesta secondo i modi consueti – corrisponde tuttavia al 90% dell’Universo, perciò è impossibile per l’umanità prescindere da essa.

Secondo i ricercatori, che hanno ricostruito con dei modelli informatici la creazione del nostro universo e il così detto “Big Bang” attraverso il quale esso ha avuto origine, poco dopo l’istante dell’esplosione, il 90% dell’Universo sparisce.

Cioè data una massa di materia pari a 100, subito dopo l’esplosione ne rimane solo il 10% circa. Dove è andata a finire la restante parte?

Sappiamo, attraverso lo studio della nostra realtà, che i quanti vibrano a velocità differenti, dandoci così consistenze diverse di “materia” che, per comodità, definirò come più o meno compatta. Perciò, attenendomi a questa definizione, dirò che le rocce hanno una vibrazione bassa, per cui sono decifrate dai sensori umani come più compatte; gli esseri viventi hanno una vibrazione più alta, ed essi hanno una struttura meno compatta, e così via fino ad arrivare, con l’aumentare delle vibrazioni, a strutture sempre meno compatte, come i gas, l’aria e tanto altro ancora…

Elementi come l’aria e la luce, che vibrano a velocità altissime, sono dunque intangibili ma ciò non ne compromette l’esistenza e l’utilizzo da parte degli esseri umani. Si pensi ad esempio al fatto che molti gas inodori, insapori, incolori, impalpabili e inaudibili, sono tuttavia imbrigliati dall’uomo all’interno di contenitori e utilizzati per il proprio benessere. Con tali presupposti si può affermare che continuamente ci si serve di elementi che, pur essendo intangibili e non manifesti, sono considerati esistenti nella nostra realtà.

I Cosmologi hanno, dunque, ipotizzato che il 90% circa della massa costituente originariamente l’Universo, abbia impresso a se stessa, subito dopo l’esplosione, o forse contestualmente a essa, una vibrazione talmente alta da essere divenuta impercettibile per il restante 10% circa, di se stessa, e quindi anche per gli esseri umani che di quel 10% fanno parte. Ritengono, tuttavia, che tale massa esista e sia tutta intorno a noi, con una vibrazione talmente alta da essere inconsistente per i nostri sensi.

Concordo appieno con tale teoria, poiché per me la realtà “tutto intorno” è spesso tangibile nel senso letterale del termine.

La soluzione che stavo cercando, si trovava dunque nel punto d’incrocio tra conosciuto e sconosciuto, corporeo e incorporeo, evidente e invisibile. Restava da superare solo un piccolo problema di approccio metodologico: la totalità dell’Universo, come campo di ricerca mi sembrava un po’ vasta, anche con tutti gli strumenti che avevo. Tuttavia, non ho mai rinunciato alla logica a favore dell’intuitività, né ho mai fatto il contrario, perciò ho imparato a utilizzare lo strumento che all’occorrenza si rivela quello migliore. Così, ancora una volta, l’intuizione veniva in mio aiuto con un altro principio; la legge secondo cui ciò che è contenuto nell’infinitamente grande è altresì racchiuso nell’infinitamente piccolo. Ovverosia, l’Universo è olografico, e ogni cosa contenuta nel tutto, è anche all’interno di una sua parte.

Mi servii perciò di tale principio che, per intuito, sentivo utile e lo passai alla logica, per riflettere e ragionare su quale potesse essere un elemento di dimensioni più piccole che si comporta come l’Universo. La risposta arrivò subitanea: il cervello umano. Infatti, anche di esso gli scienziati dicono sia utilizzata solo una percentuale tra il cinque e il dieci per cento delle sue potenzialità.

Ecco che potevo restringere il campo della mia ricerca a un ambito molto più vicino a me: il mio cervello. Questa scelta presentava parecchi vantaggi, non ultimo di avere sempre a disposizione l’oggetto del mio studio.

3. LE ONDE CEREBRALI

Il funzionamento del cervello umano è stato studiato da lungo tempo e da varie discipline. Si sa che il cervello è sempre attivo e funzionante in qualsiasi momento della giornata, anche quando il corpo è a riposo, quindi non solo negli stati così detti di veglia ma anche durante il sonno. Scientificamente, l’attività del cervello si esprime attraverso l’emissione di onde che sono dette appunto onde cerebrali. Esse sono date da piccole differenze di potenziale elettrico e, benché attenuate, sono misurabili sulla superficie del cuoio capelluto. Il loro ordine di grandezza è delle decine di micro Volt (1 microVolt = uV = 1 milionesimo di Volt). L’attività cerebrale e la conseguente emissione di onde che oscillano, possono essere misurate e visualizzate attraverso un macchinario che riporta i dati su un tracciato grafico detto Elettroencefalogramma.

Un tipico esempio di tracciato EEG è il seguente.

In esso si possono distinguere quattro tipi (principali) di onde cerebrali, classificate in base alla frequenza, ossia il numero di oscillazioni il secondo, che sono misurate in Hertz.

1 Hz = 1 ciclo/sec.

Vediamo di seguito le quattro tipologie (misurate fin ora) di onde emesse dal cervello umano:

Onde beta: hanno una frequenza che varia da 14 a 30 Hz e sono associate alle normali attività di veglia, quando l’individuo è concentrato sugli stimoli esterni. Le onde beta sono, infatti, per gli esseri umani, alla base delle fondamentali attività di sopravvivenza, di ordinamento, di selezione e valutazione degli stimoli che provengono dal mondo che li circonda. Per esempio, leggendo queste righe il vostro cervello sta producendo onde beta. Esse, poi, permettono la reazione più veloce e l’esecuzione rapida di azioni.

Onde alfa: hanno una frequenza che varia tra gli 8 e i 14 Hz, e sono caratteristiche degli stati di rilassamento e meditazione quando la mente, calma e ricettiva, è concentrata sulla soluzione di problemi esterni, o sul raggiungimento di uno stato meditativo leggero. Le onde alfa dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso. Sono attive in particolar modo al momento dell’addormentamento e al primo risveglio, quando ci si trova sul filo tra la veglia e il sonno.

Onde theta: hanno una frequenza che varia tra i 4 e gli 8 Hz, caratteristiche dello stato di sogno; sono proprie della mente impegnata in attività d’immaginazione, visualizzazione, ispirazione creativa. Tendono a essere prodotte durante la meditazione profonda. Il sogno ad occhi aperti, la fase REM del sonno, quella in cui si sogna. Nelle attività di veglia le onde theta sono il segno di una conoscenza intuitiva e di una capacità immaginativa radicata nel profondo. Genericamente sono associate alla creatività e alle attitudini artistiche.

Onde delta: hanno una frequenza tra 0,5 e 4 Hz e sono associate al più profondo rilassamento psicofisico. Le onde cerebrali a minore frequenza sono quelle proprie della mente inconscia, del sonno senza sogni, dell’abbandono totale. In questo senso sono prodotte durante i processi inconsci di auto-generazione e di auto-guarigione.

Le onde di transizione tra alfa e beta, vengono anche chiamate SMR. Le onde di alta frequenza, da circa 25 Hz, vengono anche chiamate onde gamma.

Fino a qui, quanto riportano tutti i manuali riguardo all’attività cerebrale del cervello e al suo comportamento nell’arco del tempo e dello spazio.

Da qui potevo partire per fare le mie considerazioni. Dopo avere visto i modi di funzionamento delle onde cerebrali, avevo compreso che la soluzione che cercavo si trovava proprio lì, anche perché, come spiegato dalla meccanica quantistica, la norma secondo cui la realtà si manifesta sotto forma di particelle di materia, è solo una di due. Esiste un altro modo che è quello dell’onda. Tale dualità di comportamento nella manifestazione della realtà contingente, è stata utilizzata nella Teoria Quantistica dei Campi, che realizza la dualità onda-particella associando le particelle a quanti di energia di corrispondenti campi d’onda; per esempio, ai fotoni sono associati i quanti del campo elettromagnetico. In tal modo, si rende evidente l’assoluta identità di tutte le particelle di uno stesso tipo.

Partendo da questa dualità, dedussi che le onde cerebrali sono il modo in cui il cervello crea la realtà e interagisce con essa sotto la stessa forma: l’onda. Osservando il comportamento del cervello e le fasi di utilizzo delle diverse onde cerebrali, mi resi, inoltre, conto di quale fosse il rapporto esistente tra queste ultime e le varie discipline che avevo preso in considerazione. Compresi che, per esempio, che la scienza tradizionale servendosi del ragionamento logico-razionale, utilizza prevalentemente le onde beta, infatti, come si è detto, esse sono onde di ordinamento, di selezione e valutazione degli stimoli che provengono dal mondo esterno all’individuo. Si è detto che sono anche le onde che consentono la reazione più veloce, il che significa che sono le onde prodotte dal cervello quando si ha accesso alle così dette “risposte automatiche”, in altre parole all’archivio di risposte ereditate biologicamente, secondo alcune teorie, o apprese dall’ambiente circostante, secondo altre teorie. Un archivio che, quindi è in qualche modo estraneo all’individuo, ed è posto nel mesencefalo, la zona del cervello in cui vi sono anche le emozioni. Sono perciò le onde utilizzate per la soluzione della disarmonia, nelle discipline scientifiche classiche. In ogni caso, le onde beta, poco profonde e molto frequenti, non erano ciò che stavo cercando, perché esse stesse, si occupano di gestire la maggior parte di quelle potenzialità del cervello pari al 5% che l’essere umano è abituato a utilizzare da millenni. Desideravo trovare, invece, l’accesso al restante 95% di queste potenzialità e conseguentemente alla parte di Universo ancora sconosciuto.

Presi allora in considerazione le onde alfa che sono di minore frequenza rispetto alle beta, quindi più profonde. Come detto sopra, dagli studi scientifici risulta che le onde alfa dominano nei momenti introspettivi, o in quelli in cui più acuta è la concentrazione per raggiungere un obiettivo preciso. È facile comprendere che sono le stesse onde utilizzate per la soluzione alla disarmonia nelle discipline che prevedono l’utilizzo del “pensiero positivo”, in quelle che prescrivono la recitazione di mantra o preghiere in cui la recitazione cadenzata di suoni o parole provoca una sorta di leggero stato di trance, e in altre discipline in cui sono previsti stati di meditazione poco profondi. Sapevo già, per averli sperimentati personalmente, che tali metodi si rivelano validi, ma se si sospende l’attenzione consapevole, s’interrompe il processo positivo innescato. Perciò per continuare a ottenere benefici da tali pratiche, bisogna continuare puntualmente nella disciplina, e mantenere alto il livello di attenzione. Tutte cose poco confacenti al mio bisogno di cambiamento continuo che male si adatta alla ripetizione, di qualsiasi genere essa sia. Mi resi conto che utilizzare consapevolmente le onde alfa equivale, per il cervello, a sovrapporre un nuovo file di soli due megabit, a un file più antico, già presente (in alcune parti da migliaia di anni, e in altre parti da milioni di anni) nella sua memoria, e avente una potenzialità pari a centinaia di migliaia di terabit. Il nuovo file, inteso come vibrazione più alta, dapprima funziona, ma all’allentarsi della nuova vibrazione, è messo fuori uso e cancellato da quello più antico e potente che riprende il sopravvento. Sapevo che ciò può accadere solo perché si sceglie di sovrapporre un file nuovo e meno potente al vecchio file conosciuto dal cervello, perciò mi posi la domanda: quando e come la cosa può funzionare? Come fare a cambiare il file, o -se preferite- la vibrazione, e stabilizzare il nuovo modo di essere per il cervello?

Pensai a una struttura di base come, per esempio, le fondazioni di un vecchio edificio; per rafforzarle e migliorarle senza demolire la parte soprastante, non si sovrappone una nuova struttura, ma si crea una parte nuova e tecnologicamente migliore, che interagisca integrandosi con la vecchia, o, meglio, con le sue parti ancora efficienti e utili. Allo stesso modo, avrei dovuto interagire con il vecchio file contenuto nel mio cervello, togliendo, cioè, le parti divenute inutili per la mia vita e sostituendole con altre nuove create da me e, quindi, più adatte alla mia esistenza. Si può comprendere che ciò non è fattibile con i soliti metodi e quindi con le onde beta e alfa; dovevo lavorare con onde diverse, più lente, per entrare in profondità e andare a operare su programmi che, spesso, si trovano a livelli inconsci dell’essere.

4. LE ONDE “GIUSTE”

Compresi che le onde migliori per ottenere il risultato erano le theta e le delta. Si è detto che, secondo gli studi scientifici, tali onde sono attive durante le fasi, rispettivamente, del sonno con sogni e del sonno profondo. Serviva avere la possibilità di utilizzare tali onde a livello conscio; questo era il vero strumento che cercavo.

Per quanto riguarda le onde theta, si è detto che, talvolta, sono state misurate anche in soggetti in stato di veglia in situazioni di grande creatività, e, perciò, immersi in una sorta di trance creativa. Come detto, nelle attività di veglia le onde theta sono il segno di una conoscenza intuitiva e di una capacità immaginativa radicata nel profondo. Genericamente sono associate alla creatività e alle attitudini artistiche. Naturalmente mi era capitato spesso di trovarmi in quella condizione: quando ero intenta a progettare, quando mi collegavo a quella che io definivo “l’altra realtà”, quando scrivevo… Conoscevo bene, dunque, l’utilizzo consapevole delle onde theta, sia per esperienza personale sia per avere studiato il metodo codificato da una specifica disciplina negli ultimi anni. Tuttavia, comprendevo che per me stessa avevo bisogno di qualcosa di diverso, che andasse oltre a ciò che le onde theta mi consentivano. Esse, infatti, pur arrivando a interagire con il vecchio file, non sono sufficienti a sostituirne parti considerevoli, poiché per loro stessa natura si basano, per l’attività, sul mesencefalo, dove, si è detto, sono presenti le emozioni, ma anche le risposte automatiche ereditate o acquisite. Perciò è, per tali onde, impossibile esulare da alcune delle risposte automatiche poste in profondità, e i cambiamenti operati mediante esse sono relativi e mai assoluti. Attraverso le onde theta si possono operare cambiamenti nell’individuo, in rapporto alla “consuetudine” degli altri individui, dunque, relativi. Si può, per esempio, cambiare lo stato di malessere in condizione di benessere, ma poiché, verosimilmente, a causa della disarmonia, l’individuo ha perduto l’immagine stessa di “benessere”, le onde theta daranno un’idea di benessere secondo il pensiero comune, e, spesso, tale immagine relativa è facilmente rimossa perché riassorbita dal vecchio file. Con la mia esperienza, ho compreso che attraverso le onde theta non si ha la possibilità di accedere a quella che definisco la Vibrazione Personale di ogni individuo – della quale parlerò approfonditamente nei prossimi paragrafi – all’interno della quale è possibile trovare lo stato di benessere migliore in assoluto per quello specifico individuo. È possibile, dunque, dare solo un’immagine di benessere corrispondente a valori statistici. Se poi si ragiona su quanto appena detto, traslandolo nell’ambito comportamentale delle persone, si avrà la proiezione d’immagini stereotipate – si pensi all’idea di bene, di gioia, di felicità…- basate su luoghi comuni e non su una personale consapevolezza. In questo modo, è come se si togliesse dall’individuo uno schema, per andare a sostituirlo con un altro fatto, comunque, di giudizi di valore che, secondo il mio modo di pensare, rende gli individui non più tali, ma sempre e comunque omologati, seppure nella felicità.

Per tutti questi motivi, il risultato raggiungibile con l’utilizzo di tali onde, pur sempre ottimo, considerato riguardo al punto di partenza, non era sufficiente per me che, ormai, ero entrata nell’ordine d’idee di trovare la soluzione definitiva e passare a fare altro.

Presi atto che, ciò che cercavo, non poteva che partire dalle onde delta. Di esse, per definizione si sa solo che sono prodotte nella zona dei lobi frontali detta Zona del Silenzio. Una zona ritenuta inaccessibile a livello conscio.

I miei due anni di sole ricerche, sono stati utilizzati per trovare il modo di avere l’accesso consapevole a esse per poterle utilizzare.

5. LE ONDE CEREBRALI PROFONDE

Non mi si chieda di dimostrare con esperimenti in laboratorio quanto di seguito dirò, perché non saprei farlo, tuttavia ciò che conosco – a seguito di svariate esperienze empiriche – è che, attraverso l’utilizzo di tali onde, è possibile cambiare profondamente la vita delle persone per tornare a vivere in perfetto equilibrio con l’Universo tutto, così com’è nella loro natura. Coloro che l’hanno sperimentato con me negli ultimi due anni possono confermarlo, poiché hanno visto la propria vita cambiare radicalmente. Hanno fatto la scelta della realtà quantica che desideravano vivere e sono nell’armonia del Tutto. Da esseri bisognosi di aiuto quali erano sono divenuti esseri in grado di aiutare, poiché hanno riacquisito la maestria della propria vita.

Per quanto mi riguarda cercherò solo di spiegare il funzionamento di tutto ciò che amo definire come un modo, tra i tanti possibili, per fare il salto quantico. Un modo per cambiare la propria realtà e seguire nuove possibilità quantiche di realizzazione della propria vita.

Parlerò della mia esperienza e del messaggio ricevuto a proposito della “legge delle dimensioni”, alla comprensione della quale, sono giunta grazie all’utilizzo della capacità innata di collegarmi con parti d’Universo in cui è possibile apprendere anche di discipline del tutto sconosciute. Oppure, se si preferisce vedere la cosa dal punto di vista biologico, alla comprensione della quale sono giunta riattivando le memorie presenti da sempre nelle mie cellule e sopite da millenni. Questo dimostra che quanto contenuto in quello che è stato in precedenza definito il file antico, è in parte ancora valido, in esso sono, infatti, contenute informazioni ancora oggi preziosissime per gli esseri umani, dipende solo dall’uso che essi ne fanno.

La Legge delle Dimensioni, si attua mediante l’utilizzo cosciente delle onde delta e serve a manifestare la propria realtà su tutti i Piani dimensionali di Esistenza.

Attraverso la Legge delle Dimensioni, e il conseguente utilizzo delle onde delta, noi possiamo creare la nostra realtà su ogni piano sia della nostra dimensione, sia di altre.

Ciò che io so è che mentre le onde theta, sono di propagazione mediata in risonanza con l’Universo, e quindi non agiscono immediatamente nella realtà in cui siamo immersi corporalmente e materialmente, le onde delta hanno una molteplice caratteristica, cioè sono sia di propagazione immediata in risonanza con l’Universo, per la nostra realtà materiale e corporale e per tutte le altre realtà in cui gli esseri umani esistono, sia di propagazione programmata in risonanza con l’Universo. Questo significa che attraverso esse si è in grado di interagire sia sul terzo Piano dimensionale di Esistenza, che è quello nel quale ora si trovano la Terra e gli esseri umani che la popolano, sia negli altri ventidue Piani dimensionali di Esistenza, nei quali ogni essere umano esiste pur non trovandosi materialmente in essi. Questo perché la Legge delle Dimensioni trascende le leggi del terzo Piano di Esistenza.

L’affermazione appena fatta ha implicazioni di notevole portata. Infatti, ragionando sui relativi corollari, tale Legge consente di accedere all’immortalità, all’immunità, all’infinità e all’immaterialità che sono proprie di altri Piani di Esistenza. La Legge delle Dimensioni, era conosciuta in alcune delle sue parti anche dal Popolo Antico, in un tempo molto lontano dal nostro. Tuttavia, so che questa legge non è mai stata conosciuta, fino ad ora, nella sua totalità e sotto la forma appena descritta, sulla Terra. Infatti, quando il Popolo Antico operava con questa legge, doveva farlo su un altro Piano dimensionale. L’individuo cioè, si portava con il proprio essere su un altro Piano di Esistenza e da lì poteva utilizzare la legge. Un tale modo non ha mai consentito alla Terra di utilizzare per intero tutto il potenziale del delta. Ora, l’eventualità di utilizzare per intero questa legge nel nostro Piano dimensionale, ha un significato molto ampio, e le opportunità consentite dal suo utilizzo, sono facilmente intuibili. Per esempio, attraverso di essa è possibile accedere alle leggi riguardanti la convenzione sul tempo. In quanto convenzione, il tempo è un elemento strettamente legato al Piano dimensionale di Esistenza umano, quindi ininfluente sulla Legge in questione. Ne consegue che uno dei corollari propri alla Legge è l’immortalità del corpo, poiché le leggi cui fino ad ora esso è stato soggetto, sono legate alle convenzioni di tempo lineare che ne determinano il ciclo e quindi anche l’invecchiamento e la morte.

Inoltre, la Legge del Delta, dà accesso a un diverso utilizzo della materia, poiché anche questa è legata a una convenzione umana che è quella di spazio. In questo campo, già nel passato, vi sono testimonianze dell’utilizzo della materia in modo diverso, si pensi per esempio ad alcune arti marziali nelle quali è possibile camminare nell’aria seppure per un brevissimo intervallo, per non parlare di chi ha camminato sulle acque…

Modi diversi di utilizzare la materia, dunque, fino ad ora definiti miracolosi o quasi, mentre con la conoscenza della Legge delle Dimensioni, è possibile dar luogo alla smaterializzazione del corpo e di qualsiasi cosa presente nell’attuale Piano dimensionale e la materializzazione in un altro punto qualsiasi della Vibrazione Universale.

Trattandosi di un’informazione tanto importante, è stato naturale per me chiedere all’Universo la comprensione di quale sia il fine ultimo dell’utilizzo di questa Legge, e la risposta è stata tanto semplice quanto sorprendente: “Portare benessere al mondo”.

6. LA LEGGE DEL DELTA

La Legge delle Dimensioni trascende, come detto, le altre Leggi della fisica presenti nel piano di esistenza corporale umano e quindi non sottostà a esse, perciò supera la legge di compensazione propria di questa dimensione e non altera gli equilibri della Terra quando è utilizzata. Ciò significa che non si creano problemi in alcuna parte del globo o di altre dimensioni. Essa ci è stata data per il maggior bene nostro e di tutto l’Universo. Anche se si è scettici su di essa, può essere utilizzata lo stesso, poiché è una Legge e funziona.

Per utilizzarla, è necessario sbloccare i lobi frontali, e poi liberare la così detta “Zona del Silenzio”. Sbloccare questa Zona del cervello equivale a utilizzare a livello consapevole e in stato di veglia le onde delta che vi si formano.

Dopo aver fatto gli sblocchi, attraverso la pratica si arriva alla maestria nell’utilizzo consapevole delle onde delta e attraverso esse si passa alla fase attiva che consiste nella localizzazione, della “mappa” di tutti gli aspetti della propria vita. Questa serve a individuare con molta chiarezza dove come e quando far accadere le cose desiderate e utili a soddisfare i propri bisogni. Grazie alla conoscenza della mappa, si opera con molta facilità poiché si va a creare la realtà nel punto esatto della scia fotonica -corrispondente alla possibilità quantica che si sta vivendo- che più si desidera cambiare. Osservando da un altro punto di vista, si va a operare il salto quantico dirigendosi esattamente sulla scia fotonica che più interessa vivere come nuova possibilità.

Questo è stato il mio primo approccio a quella che ho definito la Legge del Delta. In seguito sono arrivata ad altre conclusioni e a nuova comprensione.

Quello che io so è che le delta sono onde molto lente, perciò ampie e profonde, hanno una vibrazione altissima, tale da permettere di interagire con tutto e da permettere di fare il salto quantico.

La cosa più importante è che attraverso di esse si può accedere alla nostra stessa vibrazione massima, dunque, al 90 – 95% di Universo o, se vogliamo, di potenziale del cervello da noi inutilizzato, e averne l’immagine consapevole.

Questo fa sì che quando noi cambiamo la nostra vita, non immettiamo altre convinzioni o credenze mutuate dall’esterno, ma possiamo proiettare ciò che è il meglio in assoluto per noi. Significa che le onde delta danno, non più l’immagine relativa di una parte, ma l’immagine assoluta del Tutto.

La Legge delle Dimensioni, si attua mediante l’utilizzo cosciente delle onde delta e serve a manifestare la propria realtà su tutti i Piani dimensionali di Esistenza.

Consentono, cioè, di accedere al tempo circolare dell’Universo, spostandoci dalla linearità temporale e dandoci la possibilità di compiere salti quantici continuamente.

Il delta dà l’accesso a quella che definisco la Vibrazione Personale, della quale ora dirò solo che è data da tutti gli incroci spazio temporali possibili per ogni individuo, riservandomi di spiegarla in dettaglio a breve. Avete idea dell’enormità che questo comporta nella vita umana?

Significa che possiamo consapevolmente scegliere quale corso vogliamo seguire nella nostra vita, in ogni settore che ci riguarda, in ogni piccola sfaccettatura del quotidiano.

Dimostra che possiamo scegliere quale situazione vogliamo vivere dal punto di vista del benessere fisico, economico, emozionale, intellettuale, spirituale…

Innalzando le nostre vibrazioni abbiamo maggiori strumenti per creare la nostra realtà. Abbiamo, cioè, la possibilità di armonizzarci con il Tutto, con l’Universo, e di attingere da esso ciò di cui abbiamo bisogno, a qualsiasi livello. Infine abbiamo la possibilità di scegliere in quale corsia continuare la nostra vita. È chiaro che per fare questo bisogna vibrare alla stessa velocità dei fotoni che compongono tale realtà. Perciò dico che per operare il cambiamento bisogna riuscire a vibrare in delta, la cui vibrazione è pari a quella della luce.

Inoltre, poiché ogni cosa che riguarda gli esseri umani appartiene a uno specifico “Piano di Esistenza”, con le onde delta si può decidere cosa manifestare e dove. Mediante esse si ha accesso a tutti i Piani incondizionatamente e si può interagire con tutte le Energie. Questo, stabilisce un’ulteriore sottile, linea di demarcazione tra le onde theta e le delta nella creazione della propria realtà. Si è, infatti, detto che la differenza principale, consiste nel fatto che le onde theta sono onde di propagazione mediata in risonanza con l’Universo, mentre le onde delta sono onde di propagazione immediata e programmata in risonanza con l’Universo. Ora si può affermare che questo significa che le prime si propagano nell’Universo mediante un mezzo, qualcosa che le sostiene, mentre le onde delta si propagano comunque, a prescindere dal Tutto. Le theta si propagano nella materia, senza il cui substrato non potrebbero esistere, mentre le delta sussistono a prescindere da essa. Perciò questo è anche il motivo per cui le delta esistono su tutti i Piani dimensionali di Esistenza, mentre le theta esistono solo nei Piani in cui la vibrazione è più bassa. E ancora, cosa significa che le onde delta sono onde di propagazione programmata in risonanza con l’Universo?

Significa che l’effetto richiesto alle onde, poiché si realizza nella realtà quantica in cui non vi è la convenzione spazio-tempo, si può programmare affinché si materializzi in un dato tempo e spazio, secondo le regole della realtà dimensionale in cui si trova adesso la Terra. La conseguenza immediata è che le onde delta, se usate consapevolmente, danno accesso a: immunità, immortalità, infinità, trascendenza delle leggi riguardanti le tre dimensioni, immaterialità….

L’unica legge concernente le onde delta è detta “la Legge delle Dimensioni” e, come già detto, non è stata mai conosciuta fino ad ora sotto questa forma sulla Terra.

Essa non sottostà a nessun principio della fisica, né turba ciò che vi sottostà, ma, semplicemente, è in grado di interfacciarsi con il Tutto cambiando solo ciò che occorre, senza effetti collaterali.

Essa semplicemente E’.

Tutto può essere fatto con essa e presto sarà accessibile a tutti. Poi ho descritto in alcuni libri, il metodo che ho definito e con il quale è possibile comprendere dove ci si trova in questo momento della vita, dove si vuole andare e, soprattutto, come fare a giungervi.

Solo in seguito, dopo circa 15 anni da queste prime scoperte e dopo tanta sperimentazione con persone di svariate parti del Mondo, ho creato il metodo EL.

Un metodo nato con l’intento di aiutare le persone a migliorare e/o cambiare la propria vita.

Efficace per chiunque voglia trasformare la propria realtà utilizzando esclusivamente le proprie potenzialità cerebrali.