Una domanda importante divide oggi le cosxienze degli uomini; una domanda a cui vengono date due interpretazioni opposte.
La nostra società occidentale, e la sua cultura ormai diffusa in gran parte del globo, sta attraversando un periodo di “riaggiustamento” nel suo percorso progressivo verso una crescente ed efficiente dimostrazione della capacità di controllare l’ambiente, soddisfare i suoi più reconditi desideri e, non per ultimo, migliorare tecnicamente le sue possibilità genetiche; oppure, sta affrontando la disintegrazione e il collasso perché non è riuscita a realizzare ciò che era potenzialmente in grado e destinata a realizzare, abusando dei poteri e delle possibilità che il nuovo sviluppo evolutivo della sua mente aveva liberato?
Tutto ciò che facciamo e pensiamo ora e nei prossimi anni dipende da quale delle due modalità interpretative noi, individualmente e collettivamente, consideriamo corretta. Il modo in cui valutiamo il nostro tradizionale stile di vita, le nostre risposte più profonde agli eventi e alle tendenze sociali e politiche in mezzo a cui viviamo in questi tempi, e persino gli atteggiamenti psicologici di base su cui poggiano le nostre convinzioni spirituali, tutto questo e la nostra pianificazione per i prossimi anni, dipendono da come istintivamente o intuitivamente rispondiamo al suddetto quesito.
Evidentemente è anche possibile credere che l’umanità sia ancora in grado di contrastare ciò che molti oggi sentono come una potente tendenza verso vari tipi di disintegrazione e disumanizzazione e che, attraverso un “cambiamento di mentalità” quasi improvviso, forse come risultato di qualche intervento divino, o addirittura alieno, la nostra società si possa rinnovare fondamentalmente senza dover sperimentare un crollo totale.
Quando parliamo della società occidentale, non alludiamo ai singoli esseri umani che vivono in questa società. Quando una società crolla, come è successo molte volte nel passato, molti degli esseri umani che nascono e muoiono influenzati dai suoi archetipi e dalle sue istituzioni concrete soffrono irrimediabilmente; ma per coloro che sopravvivono, questo crollo del potere costituito che ha governato sulle loro vite, sui loro pensieri spesso coercizzando i loro sentimenti, fino a disporre del loro corpo, può rivelarsi una liberazione, o comunque una catarsi collettiva di grande valore.
Una “crisi globale” di tale entità, a vari gradi di esperienza, non può non toccare profondamente la cosxienza individuale e collettiva, mettendone in discussione sia i valori etici che morali e dunque essenziali.
Tutto ha un senso.
La morte è implicita nella vita, e la vita nella morte. Ciò che è triste è che la morte arrivi spesso dopo molte sofferenze, eppure le crisi esistenziali possono essere necessarie per ripolarizzare la nostra cosxienza lontano dai fallimenti della nostra idea di vita e dalle limitazioni della nostra esistenza corporea. Allo stesso modo, la tragedia della rivoluzione, della sconfitta o del disastro può essere necessaria per “costringere” le persone di una particolare società in declino a rendersi conto di aver tenuto troppo a lungo e troppo ostinatamente ai valori esistenziali materiali e alle istituzioni religiose, culturali e sociali, ormai diventati gusci quasi vuoti. Ciò è particolarmente inevitabile quando un’aristocrazia spaventata o una classe media, che si confronta con cambiamenti profondi nei propri modelli sociali, economici, culturali e religiosi, proietta sul palcoscenico dei leader che, opponendosi rigidamente al grande flusso dell’evoluzione umana e planetaria, e cementando intorno a loro una massa inerte di paure umane e di speranze invalide, sono in grado di usare il potere sulle moltitudini in modo ingannevole e negativo. Alla fine la diga di menzogna e di inganni è destinata a crollare.
Nel processo evolutivo si annoverano innumerevoli vie: e questa è la via tragica.
La morte in qualsiasi ambito la si sperimenti significa Rinascita. Possiamo assumere un atteggiamento positivo, possiamo optare per la rinascita, come “uomini e donne seme” su cui poggiare il tragico fardello della paternità di una nuova cultura, non domani, ma il giorno dopo a molti altri domani. Possiamo aprire tutto il nostro Essere alla “visione” degli Archetipi e alle possenti forze che richiamano a una nuova cultura e civiltà.
Questi poteri non sono lontani, sono i talenti sopiti della nostra stessa Essenza. Non sono fuori dalla nostra mente e dal nostro cuore, se la nostra mente è chiara e libera da pregiudizi e il nostro cuore è alleggerito dallo scoraggiamento, dai valori obsoleti, e dalla paura del domani.
Questi sferzanti venti di rinnovamento sono stati immaginati da pochi, ma sognati da molti. Tuttavia, quei pochi sognatori sono già all’orizzonte della nostra cosxienza e aprono le porte per quanti aspirano ad un mondo prospero ed equanime, rinnovato nello spirito fondamentale della vita.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per “essere” è avere il coraggio di vedere e non dare più nulla per scontato.
Siamo figli della Verità chiamati a seguire la Via della Vita per essere “Vivi”.
Immaginare un mondo nuovo è prerogativa dei sognatori e dei folli, ed essendo l’Opera dei puri di Cuore per adesso è destinata a pochi.
“La mia vita nessuno me la toglie, ma io la depongo da me”
Giovanni 10, 18